Il diavolo che c’e’ tra di noi

Nel lontano 1976 “La casa dalle finestre che ridono” segno’ il primo grande successo di un regista poco conosciuto proveniente da Bologna. Pupi Avati ripete’ questo ottimo risultati anni dopo con un’altro horror come “Zeder” per poi cambiare completamente genere.
 
In questo inizio di stagione cinematografica il regista emiliano realizza un nuovo capitolo della sua vena noir/horror trasponendo in immagini il suo romanzo “Il signor diavolo” scritto nel 2018.

 

Autunno 1952. Nel nord est è in corso l’istruttoria di un processo sull’omicidio di un adolescente, considerato dalla fantasia popolare indemoniato.
Furio Momentè, ispettore del Ministero, parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori. Carlo, l’omicida, è un quattordicenne che ha per amico Paolino. La loro vita è serena fino all’arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una possidente terriera che avrebbe sbranato a morsi la sorellina.
Paolino, per farsi bello, lo umilia pubblicamente suscitando la sua ira: Emilio, furioso, mette in mostra una dentatura da fiera. Durante la cerimonia delle Prime Comunioni, Paolino nel momento di ricevere l’ostia, viene spintonato da Emilio.
La particola cade al suolo costringendo Paolino a pestarla. Di qui l’inizio di una serie di eventi sconvolgenti.

 

Nel cast Gabriel Lo Giudice, Filippo Franchini, Massimo Bonetti, Alessandro Haber e gli “storici” Gianni Cavina e Lino Capolicchio.


 

Sentiamo le parole di Pupi Avati da una recente intervista:
 
“E’ una storia che mi appartiene profondamente, avevo 14 anni ero un chierichetto in una chiesa in Emilia e temi come il cattolicesimo superstizioso, la favola contadina, la paura atavica del buio, li conosco bene, ci sono cresciuto.
Ho cercato di raccontare quello che so della vita, se non racconti il passato come fai a parlare del presente, e l’ho fatto attraverso il genere che i registi non praticano piu’.
Ho ricevuto sei no dai distributori, prima di arrivare a Rai Cinema, perché le distribuzioni non vogliono il genere, ma solo la commedia e con la solita panchina ristretta di attori. Fare un film come questo e portarlo in sala è anche una forma di provocazione. Il più grande autore di film di genere, Sergio Leone, abitava a Trastevere, quando il cinema italiano ha abbandonato il genere, abbiamo perso una parte importante.
 
Il diavolo è il male. Noi abbiamo fatto conquiste in tutti i campi, ma lì ci siamo fermati, gli abbiamo permesso di sopravvivere. Io stesso mi sono trovato a godere del male, di situazioni in cui altri sono caduti professionalmente. Diventando anziano, in questo viaggio di ritorno c’è un avvicinamento fortissimo a quel bambino che ero stato, alla mia infanzia.
Vecchi e bambini sono cosi vicini, comunicano così tanto, perché condividono la vulnerabilità, piangono e ridono con maggiore facilità. Potenzialmente il bene ed il male, nella parte iniziale della vita, convivono.
Il male nel film e’ entrato in modo subdolo, chi ha letto il mio romanzo sa che il finale non era questo che vedrete al cinema. Abbiamo girato un altro finale, che non era previsto dalla sceneggiatura, e che nessuno conosceva nella troupe.”

 

Pronti per l’inquietante trailer ?

 


 

Questa voce e' stata pubblicata in Di tutto un po' e contrassegnata con .

Lascia un Commento