Peter Greenaway dalla “A” alla “Z”

“A come Amsterdam. A come autistico”.
 
Due parole che non indicano solamente la città in cui Peter Greenaway vive e lavora, oppure un modo di essere, ma piuttosto rappresentano l’incipit di questo “alfabeto” filmico, poetico, surreale e un po’ sperimentale intitolato “L’alfabeto di Peter Greenaway” e diretto dall’artista visiva Saskia Boddeke per raccontare la figura del marito, il poliedrico regista gallese Peter Greenaway.

 

“Papà sei autistico, vero?” domanda Zoë (detta Pip) Greenaway al padre. “Gli autistici sono persone acute e con molta immaginazione. Sii, sono autistico”, risponde il padre.
È così che un’ironica e innamorata Saskia inizia a riprendere il marito Peter Greenaway dalla “a” alla “z”, coinvolgendo tematiche care al regista attraverso uno scambio generazionale con la figlia Pip fatto di quesiti, scherzi, poesie, racconti, gesti, creazioni, disegni, visite nei musei, rimandi amarcord su una spiaggia nordica e chiacchierate al bar.


 

Ecco la recensione di Anna Baisi che ha visto per Amicinema questo film all’anteprima settimana scorsa in Sala Bio al cinema Colosseo:
 
“Il film “The Greenaway Alphabet” è un ritratto sensibile ed intimo del regista Peter Greenaway il cui mondo viene esplorato attraverso l’alfabeto dalla moglie Saskia Boddeke artista e qui regista della pellicola.
Il film si snoda attraverso le conversazioni con la loro figlia Pip, incredibilmente perspicace per la sua giovane età che ci porta la rivelazione di un mondo artistico surreale ma soprattutto di un vissuto che coniuga perfettamente la visione di vita come arte o arte come vita.
 
A è per Amsterdam, dice Peter (città dove vive) ma ribatte Pip A sta anche per autismo e così navighiamo attraverso l’alfabeto del suo quotidiano, le sue passioni, le sue opinioni, le sue ossessioni che poi sono le stesse che rivedremo nei suoi film deliziosamente riportati con immagini che fanno di questo regista visionario un tutt’uno con la sua vita e la sua arte fino a raggiungere una ricca enciclopedia di immagini e parole alla Greenaway.
B come birds un omaggio al padre ornitologo e quindi i due che osservano gli uccelli con quello spirito voyeuristico del suo cinema.
Saskia Boddeke realizza un notevole ritratto di suo marito e anche di sua figlia, un’ adolescente vicino al padre settantaseienne costruito con tocco morbido e umorismo amorevole.
Il tono del film è giocoso ma spesso affiorano aspetti dolorosi e cupi l’artista discute della sua morte che ha “programmato” quando compirà ottanta anni, dei suoi altri figli e nipoti che ha scelto di non vedere più ma anche della sua eredità artistica con una semplicità che a volte impressiona e offre una visione rara dell’iconico cineasta.
 
E’ meraviglioso da un punto di vista emozionale che un artista e sua figlia creino un alfabeto di cose che attribuiscono a se stessi e commuove vedere un tale rapporto ancor più accattivante considerando appunto che dietro la telecamera vi sia la moglie dell’artista e la madre della ragazza.
Le immagini in cui l’artista disegna le proprie ossessioni insieme alla figlia, due artisti che imparano l’uno dall’altra , è una delizia.
Una meraviglia è il montaggio che restituisce con immagini quasi pittoriche come gli stessi quadri che Peter commenta al Rijkmuseum o quelli che realizza con le immagini dei suoi film: un’opera d’arte a 360 gradi che affascina gli occhi e stupisce la profondità di questa prospettiva artistica che dimostra una simbiosi fra marito e moglie in un immaginario condiviso.
E’ confortante che Peter dica che la verità non dovrebbe mai ostacolare una buona storia: ci rassicura che il suo suicidio fra quattro anni sia una menzogna, una trovata per esorcizzare la morte.
Per chi ama il regista imperdibile.”

 

Vi ricordiamo che questo film lo troverete in sala come evento speciale solo dal 12 al 15 maggio (magari poi in qualche cinema benefattore continuerà ancora un pochino !!).

 

Finiamo con il trailer ufficiale !!

 


 

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