I valori della cultura europea

Aleksandr Sokurov, come potete leggere anche sotto, in un museo era gia’ entrato con la sua macchina da presa e adesso ripete questa esperienza in un’affascinante mix tra film e documentario, in concorso all’ultimo festival di Venezia.

 

Dove il regista russo usci’ a mani vuote di riconoscimenti, probabilmente per avere gia’ vinto la competizione nel 2011 con “Faust”.


 

Da domani 17 dicembre grazie ad Academy Two potrete trovare in tutte le sale italiane, “Francofonia” con Lois-Do de Lenquesaing e Benjamin Utzerath.

 

All’anteprima milanese di qualche giorno fa ha partecipato la nostra inviata Anna Baisi alla quale lasciamo lo spazio per le sue impressioni:

Che Aleksandr Sokurov amasse l’arte lo si sapeva, il film “Arca Russa” ne è stata la conferma; la pellicola del 2002 girata all’interno dell’Hermitage, in un unico piano sequenza, è infatti un capolavoro di rara sensibilità poetica ed insuperabile intensità evocativa.
“Francofonia” (in originale “Le Louvre sous l’Occupation”) ne ricalca lo schema però in tono più didattico, in variazione minore, senza con questo voler togliere nulla ad un film che ha il pregio di uno stile all’avanguardia con un sguardo affascinante, a tratti magico e di impegno civile.
Questa pellicola è un’operazione ibrida che oscilla fra il documentario, il film di finzione e la ricostruzione storica.
E’ una attenta analisi delle dinamiche tra arte e potere, della civiltà nonché una riflessione filosofica sul valore dell’arte come identità di una nazione.
Il Louvre è il grande protagonista, il museo dei musei, un luogo dove le opere d’arte si proteggono e durante l’occupazione nazista del 1940, il museo parigino di “protezione” ne aveva davvero bisogno perché per i nazisti era la meta di saccheggio sognata ed agognata (in realtà i capolavori erano già dal 1938 al riparo nei castelli limitrofi e in quelli della Loira).
 
All’inizio del film Sokurov viene inquadrato di spalle nel suo studio mentre comunica via skype attraverso il computer di casa con il capitano di una nave cargo in difficoltà, in piena tempesta, che trasporta nei container le opere d’arte di un intero museo (sorta di “La zattera della Medusa” di Théodore Gèricault, quadro che ci verrà mostrato poi all’interno del Louvre) e il regista lo redarguisce: l’arte non si deve trasportare in mare perché la si mette in pericolo.
La metafora usata è efficace: riesce a fare nostra la preoccupazione del regista perché le tempeste di oggi sono uguali a quelle della Storia del 1940 e di tutte le guerre, l’arte e con essa la civiltà vanno salvaguardate anche ora, nella loro vulnerabilità, dalle intemperie di questo presente inquieto.
Poi Sokurov continua a parlare, quale voce narrante, del film che sta girando appunto “Francofonia”, soprattutto dei ritratti e ce ne mostra alcuni conservati al Louvre: fra gli altri quelli fiamminghi conosciuti e non, e quelli italiani (“Giovanni Battista” e la “Gioconda”) e del valore culturale che hanno avuto perché quegli sguardi, quegli occhi che hanno visto il passato, quegli uomini che lo hanno vissuto ci trasmettono una nostra identità di immenso valore: ci donano un DNA europeo.
 
Sokurov chiede aiuto ai grandi artisti, ai numi tutelari russi Tolstoj e Cechov morti
proprio nel passaggio dal diciannovesimo al ventesimo secolo: “i grandi padri si sono addormentati” prima della rivoluzione e degli eccidi nazisti, non possono indicargli una identità in cui rispecchiarsi.
La ricostruzione storica ci viene proposta attraverso documentari d’epoca rimaneggiati, irreali per incongruenze ed ironia (Hitler in una Parigi “citta aperta” che chiede ai suoi gerarchi quale sia la via che porta al Louvre), ma l’artificio restituisce il clima della Parigi post armistizio, dapprima una città deserta poi il ritorno alla distensione: passeggiate e chiacchierate nei caffè.
Il filmato fiction in ocra e colore ci racconta invece la storia dei reali artefici della salvezza del Louvre, il direttore Jacques Jaujard e l’ufficiale di occupazione nazista il conte Franz Wolff-Metternicht, responsabile della Kunstschutz in Francia, nemici ma innanzitutto “individui” che con una tacita alleanza fra uomini di cultura ed esteti, “a gentlemen agreement”, decisero di salvare dalle razzie dei gerarchi nazisti quell’incommensurabile patrimonio artistico contenuto nel museo.
Nel Louvre di Sokurov vivono due ospiti, due fantasmi del passato Napoleon e Marianne. Il primo malato di egocentrismo continua ad urlare “C’est moi!” ricordandoci che tutto ciò che vediamo esiste grazie a lui, alle sue guerre e quindi ai suoi bottini, purtroppo e paradossalmente in parte è vero. La seconda, simbolo della Repubblica francese, volteggia per quei corridoi spettrali urlando in modo schizofrenico e senza riconoscerne la valenza etica e civile il motto “Liberté, Égalité, Fraternité”.
Tornando nella casa di Sokurov e al suo computer vediamo il cargo sempre più in balia della tempesta e il capitano, per non soccombere con i propri uomini, deve gettare in mare le opere d’arte.
Per non inabissare la bellezza dell’arte e del vivere civile Marianne dovrebbe riappropriarsi del suo ruolo d’eroina del celebre quadro “La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix”, esposto al Louvre e mostratoci nel film.
 
I valori che incarna, libertà, fraternità ed uguaglianza, possono salvare la cultura anziché distruggerla e aiutare a vivere più civilmente.
Sokurov ha dichiarato: “unica garanzia della nostra esistenza è l’esistenza del Vecchio Mondo. Siamo legati in modo viscerale all’Europa e non possiamo vivere senza di essa. Voi italiani potreste tranquillamente fare a meno della Russia, per noi sarebbe impensabile il contrario.”
Il finale è una dissolvenza che trasforma lo schermo in un affresco rosso e in sottofondo l’inno russo che lentamente si distorce e diventa suono stridente, senza nesso alcuno fra le note … una critica politica? … una disgregazione dell’identità nazionale? … lascio a voi il giudizio!

 

A Milano troverete questo film al cinema Anteo e al cinema Eliseo e in attesa di domani ecco il trailer !!

 


 

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