Una seduta psicoanalitica che dura tre ore

Sono bastati due film (“Hereditary – Le radici del male” e “Midsommar – Il villaggio dei dannati“) ad Ari Aster per diventare uno dei registi piu’ importanti di questi anni e “Beau ha paura” (in originale “Beau is Afraid”) non farà che aumentare la sua fama tra il pubblico e i critici !!

 

Il quarantanovenne Beau soffre di gravi disturbi mentali ed è ancora vergine perché convinto dalla madre che se raggiungesse l’orgasmo morirebbe – come accaduto (gli si dice) a suo padre nel momento in cui l’ha concepito.
Vive nella paranoia e immagina la città intorno a lui come un inferno, in cui un serial killer si aggira nudo per le strade e i cadaveri vengono lasciati marcire in mezzo agli incroci.
Dovrebbe partire per raggiungere la madre, ma in una sequela di atti mancati riesce a farsi rubare le chiavi di casa e il bagaglio, inoltre un incidente con uno psicofarmaco precipita ulteriormente la sua condizione psichica.
Investito da un’auto, si risveglia a casa degli amorevoli Roger e Grace, ma non è che la prima tappa di un viaggio allucinante…

 

Con il grande Joaquin Phoenix, Kylie Rogers, Parker Posey, Amy Ryan e Nathan Lane.


 

Virna Castiglioni era presente all’anteprima stampa e questa e’ la sua bella recensione:
 
“Il travaglio di una madre è lo stesso che subisce il feto per arrivare nel mondo. Il primo vero, grande e unico trauma che l’essere umano affronta senza averne coscienza ma che rimane latente come traccia nel suo dna. Durante la vita dovrà, invece, scientemente scendere a patti con paure e idiosincrasie, per cercare di affrontare ciò che gli capita e raggiungere una serie di obiettivi di crescita e sviluppo personali. Per veicolare questo messaggio il regista Ari Aster sceglie di raccontare una storia surreale e poco credibile per i numerosi accadimenti ma di forte impatto, a tratti disturbante, certamente parossistica e iperbolica. Per tutta la durata del film lo spettatore si chiede se quello che vede succede realmente, è una distorsione della realtà dovuta a psicofarmaci o sono solo proiezioni di una mente disturbata e che è in preda a continui deliri psicotici. Queste ipotesi, tutte possibili, non sono mai verificate e non c’è un pieno disvelamento. Vengono lasciate volutamente tutte in essere e rimangono un dubbio costante dall’inizio alla fine. In tutto questo caos c’è spazio per un racconto molto ben dettagliato che viene affidato ad una voce fuori campo che attraverso immagini e scene che ricordano le favole teorizza il senso della vita attraverso quello che un uomo è chiamato da sempre a sopportare nel suo cammino terreno.
 
Joaquin Phoenix dimostra, ancora una volta, che la pazzia e il disturbo mentale sono temi che riesce a fare propri con grande naturalezza e senza apparente sforzo, regalando una eccellente performance attoriale. Interpreta un uomo, solo, ai margini, ossessionato dagli altri che percepisce come minaccia e impaurito da se stesso in cerca di conforto nell’analisi psicologica. Dipendente dalle cure farmacologiche per guarire l’anima nell’illusione che possano aiutarlo nel superare le paure e gli consentano di affrontare impegni, incontri e ricongiungimenti familiari. Il lietmotiv centrale e che lo assurge a contemporaneo Odisseo in corsa verso la sua personale Itaca è la visita programmata alla madre nella ricorrenza infausta della morte dell’altro genitore ma questo incontro non potrà mai avvenire in quanto la madre non è più vivente. Proprio per questo motivo, per poter fare pace con se stessi, si dovrà analizzare tutto il vissuto con lei e ripercorrere, in una dolorosa via crucis fatta di stazioni che stillano una continua sofferenza, quello che è stato il loro rapporto durante l’infanzia fino all’età adulta, in un agone pubblico dove si è chiamati a difendersi da attacchi che mettono in piazza comportamenti e reazioni gravi e compromettenti.
Alla fine di tutto rimane un mare calmo dove si ritorna a fluttuare esattamente come si è stati cullati per nove mesi nel grembo materno senza averne contezza.
 
Un film molto ambizioso, eccessivo, che mette una quantità di carne al fuoco con l’inevitabile rischio di bruciarne una parte consistente. Ci sono intuizioni geniali (reale e immaginario fusi e dai confini labili) ma altre decisamente discutibili (i continui salti temporali) e il risultato finale è un lavoro con molti pregi e anche qualche grande difetto in primis la durata che è davvero troppo esagerata per il concetto espresso e sviscerato nelle sue molteplici sfaccettature riconducibile essenzialmente al rapporto con la figura genitoriale materna da cui dipendono, nel bene e nel male, gli sviluppi della vita di ogni essere umano.”

 

Facciamoci un viaggio negli abissi umani con il trailer ufficiale !!

 


 

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