Beale Street una strada rumorosa di vita

Con il bellissimo “Moonlight” ha vinto l’Oscar come miglior film (in una delle premiazioni piu’ rocambolesche di sempre) e adesso Barry Jenkins (classe 1979) e’ atteso alla prova del nove con la sua nuova fatica che comunque arriva gia’ in Italia sulla scia di un grande successo di critica negli Stati Uniti.

 

Se la strada potesse parlare” (“If Beale Street Could Talk”) e’ l’adattamento dell’omonimo romanzo del 1974 di James Baldwin (lo stesso autore che ha ispirato “I Am Not Your Negro”).

 

Anni ’70, quartiere di Harlem, Manhattan. Uniti da sempre, la diciannovenne Tish e il fidanzato Alonzo, detto Fonny, sognano un futuro insieme. Quando Fonny viene arrestato per un crimine che non ha commesso, Tish, che ha da poco scoperto di essere incinta, fa di tutto per scagionarlo, con il sostegno incondizionato di parenti e genitori. Senza più un compagno al suo fianco, Tish deve affrontare l’inaspettata prospettiva della maternità. Mentre le settimane diventano mesi, la ragazza non perde la speranza, supportata dalla propria forza interiore e dall’affetto della famiglia, disposta a tutto per il bene della figlia e del futuro genero.

 

Nel cast KiKi Layne, Stephan James, Regina King, Teyonah Parris.


 

Spazio al commento di Anna Baisi che ha visto in anteprima per Amicinema questo imperdibile film:
 
““Beale Street è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Armstrong e il jazz. Ogni afroamericano nato negli Stati Uniti è nato in Beale Street, è nato nel quartiere nero di qualche città americana, sia esso a Jackson, in Mississippi, o Harlem, a New York. Beale Street è la nostra eredità. Questo romanzo parla dell’impossibilità e della possibilità, della necessità assoluta, per dare espressione a questo lascito. Beale Street è una strada rumorosa. Lascio al lettore il compito di discernere un significato nelle percussioni dei tamburi.” James Baldwin
Il primo film dello sceneggiatore e regista premio Oscar Barry Jenkins, dopo Moonlight (premiato con l’Academy Award nel 2017 per il Miglior film) è “Se la strada potesse parlare” tratto dal romanzo omonimo di James Baldwin ed è un film innegabilmente bello.
 
Nella primissima scena, i nostri protagonisti Tish (KiKi Layne) e Fonny (Stephan James), camminano mano nella mano attraverso un parco.
È autunno a New York e la natura è in perfetta sintonia con i giovani innamorati: il giallo delle foglie si abbina al giallo dei loro vestiti e questo monologo visivo senza parole si trasmette attraverso il miracolo del volto umano: sfiora un estetismo forse troppo bello? Non so…
La diciottenne Tish attraverso flashback non lineari e sinuosi ci dice cosa è successo a lei e a Fonny: sono amici di infanzia cresciuti ad Harlem e l’innocente amicizia si è poi trasformata in passione e amore.
Sperano di ottenere un loft in centro e come molte coppie magari di sposarsi ma i loro piani vengono distrutti quando Fonny viene imprigionato.
Un poliziotto bianco per odio razziale ha ordito una vendetta personale “costringendo” una donna portoricana, Victoria Rogers, ad accusare ingiustamente dello stupro, che ha realmente subito, il povero ed innocente Fonny.
 
Tish ci descrive come lei e la sua famiglia, insieme al padre di Fonny, Joseph (l’ottimo Colman Domingo) lottino anche non proprio legalmente per racimolare fondi per pagare il legale di Fonny.
Tish fa visita a Fonny in prigione, dove gli dice con paura mista a gioia che aspetta un bambino.
Farà altrettanto anche con la sua famiglia e quella di Fonny che reagiranno diversamente ma Tish sarà spronata a non arrendersi sopratutto dalla sorella Ernestine (Teyonah Parris) e dalla madre Sharon (Regina King che per questa sua performance ha vinto il Golden Globe 2019 nella categoria miglior attrice non protagonista) sia per quanto riguarda il sopruso razziale subito sia per aiutarla a portare avanti serenamente la maternità da sola senza il suo partner al fianco e Sharon si metterà in gioco fino in fondo.
Jenkins allontana i suoi protagonisti dalla sfera del realismo e li solleva in un’aura di tristezza beata e la narrazione ambivalente ed il rancore narrativo del romanzo di Baldwin nonché la sessualità e la valenza politica è levigata ed addolcita.
Indubbiamente la volontà di ogni personaggio sarà messa alla prova dal grossissimo errore giudiziario, ma il film rimane in un irremovibile ottimismo e in una credenza impenitente nel potere riparatore dell’amore: malinconico come una musica blues.
Jenkins, naturalmente, non aveva alcun obbligo di attenersi pedissequamente al testo di Baldwin ma la violenza di alcuni fatti volutamente omessi, se l’avesse inclusa, il film sarebbe stato molto diverso e, forse, migliore invece, all’interno della storia d’amore di Jenkins la scelta è quella della fiducia. Ci si arrabbia un po’ quando Fonny accetta il destino che le forze della società razzista gli hanno riservato ma nel contempo è evocativo di un certo ottimismo per il suo futuro e per quello di Tish: questo non è un film felice ma non è neanche disperato.
La cosa più drammatica è che il romanzo di Baldwin che è stato scritto più di quaranta anni fa anni è aderente all’oggi: non è cambiato molto per le persone di colore e ciò probabilmente non sorprenderebbe nemmeno l’Autore.
 
Mi ripeto il film è ben girato: il ritmo languido e la struttura non convenzionale funzionano per la maggior parte del film, ma a volte, soprattutto verso il finale può sembrare un po sfocato.
E in tempi in cui i bianchi sono incoraggiato da un Presidente a “vomitare” messaggi di odio e ad usare una violenza che rimarrà probabilmente impunita un impatto più duro avrebbe reso maggior giustizia ad ogni afroamericano nato negli Stati Uniti sempre ed ancora “in Beale Street”.”

 

Godiamoci adesso il trailer ufficiale del film che, lasciateci esagerare, e’ davvero molto bello !!

 


 

Questa voce e' stata pubblicata in Di tutto un po' e contrassegnata con , .

Lascia un Commento