Paure e ossessioni

All’ultimo festival di Venezia ha portato via inaspettatamente due premi tra cui quello per la miglior regia.
 
L’affido – Una storia violenta” (in originale “Jusqu’à la garde”), l’esordio alla regia di Xavier Legrand non poteva essere piu’ fortunato in un film che e’ una denuncia forte della violenza su donne e minori.

 

Miriam e Antoine Besson si sono separati malamente. Davanti al giudice discutono l’affidamento di Julien, il figlio undicenne deciso a restare con la madre. Ma Antoine, aggressivo e complessato, vuole partecipare alla vita del ragazzo. Ad ogni costo. Il desiderio, accordato dal giudice, diventa fonte di ansia per Julien, costretto a passare i fine settimana col genitore. Genitore che contesta col silenzio e combatte con determinazione. Julien vorrebbe soltanto proteggere la madre dalla violenza fisica e psicologia che l’ex coniuge le infligge. Invano, perché l’ossessione di Antoine è più forte di tutto e volge in furia cieca.

 

Nel cast i bravi Léa Drucker e Denis Menochet (“Bastardi senza gloria”, “Nella casa”) e il giovane Thomas Gioria.


 

Fabio Bresciani ci racconta le sue impressioni del film dopo l’anteprima stampa milanese:
 
“Due genitori divorziano e litigano per la custodia del figlio. Quando il giudice prende la sua decisione, la principale vittima sarà proprio il ragazzo.
La genesi di questo film di Xavier Legrand sta nel suo corto del 2012 Avant que de tout perdre (Prima di perdere tutto) pluripremiato al festival di Clermont-Ferrand e candidato agli Oscar. Per veicolare il tema della violenza sulle donne e rappresentare le caratteristiche di dominio maschile nelle relazioni, il regista ha approfondito lo spunto del suo corto indagando i confini tra la coppia matrimoniale e genitoriale, seguendo anche da vicino il lavoro di un giudice che si occupasse di questi casi.
 
Legrand cita Shining, La morte corre sul fiume di Charles Laughton e Kramer Vs. Kramer di Robert Benton come ispirazioni e allo stesso tempo per suggerire atmosfere tra cui domina quella della paura. La paura infatti, permea tutto il film e immerge lo spettatore nel dramma, senza alcuna musica di supporto, indugiando sul ticchettio di un orologio, sull’ossessiva ripetizione di un campanello filtrato dal citofono, sull’amplificazione dei rumori quotidiani come diretta conseguenza dello sguardo alterato del padre-marito, ormai incapace di percepire altro che il proprio dolore, divenuto una minaccia costante per chi gli sta intorno. Il figlio che teme la violenza fisica e psicologica del padre, poichè l’ha vista all’opera con i suoi occhi, cercherà di porsi a difesa della madre tentando di proteggerla a tutti i costi. Quello che fa più paura però, è il vuoto istituzionale da parte del tribunale, ma anche da parte della famiglia del bambino, una volta deciso l’affidamento congiunti che lo lascia in completa solitudine a combattere, lui che ha solo undici anni. La Francia si trova nella stessa situazione dell’Italia, ogni due giorni e mezzo una donna muore di violenza domestica. La convenzione di Istanbul vieta la mediazione familiare in questi casi, ma nel film, come spesso accade, non vi è stata una denuncia né per percosse, né per stalking, al fine di mantenere il “quieto vivere”. La tutela giuridica avrebbe forse fermato la violenza?
 
La regia costruisce un film ricco di tensione e riesce a mettere in condizione gli attori di portare in scena i carichi emotivi senza patetismi mantenendo contatto con lo spettatore. Peccato che sul finale si sia lasciato troppo trasportare dal modello di Kubrick perdendo l’asciuttezza e il rigore che lo avevano contraddistinto.
Il film ha vinto il premio per la migliore opera prima a Venezia e addirittura il Leone d’Argento per la miglior Regia, una scelta generosa ma non immeritata, dettata soprattutto dal tema trattato.”

 

E se volete farvi un’ulteriore idea del film ecco il trailer ufficiale !!

 


 

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