CineFrance, puntata 6: I premi Cesar

Come tutti sanno i Cesar sono gli equivalenti dei David di Donatello ovvero i massimi premi che l’industria cinematografica francese assegna ogni anno alle opere piu’ meritevoli uscite in sala nell’anno precedente.
 
Quest’anno la 43a edizione ha avuto luogo il 2 marzo 2018 presso il Salle Pleyel di Parigi (l’auditorium sede dell’Orchestre de Paris e dell’Orchestre Philharmonique de Radio France). È stata presentata da Manu Payet, attore e comico poco famoso qui da noi, ma ovviamente molto in Francia.

 

Il bellissimo “120 battiti al minuto” di Robin Campillo e’ stato il vincitore assoluto della serata, 13 candidature e i premi come Miglior film e Migliore attore non protagonista.
Da poco uscito anche da noi l’ottimo “Petit paysan – Un eroe singolare” ha vinto invece come Miglior attore e Migliore attrice non protagonista.

 

Parliamo invece di due film premiati mai usciti in Italia e sui quali, come sempre in questa rubrica, riponiamo le nostre speranze future.

 

Au revoir là-haut” di Albert Dupontel ha avuto anche lui 13 candidature, ma si e’ dovuto accontentare dei premi di Miglior regista, fotografia, scenografia, e costumi.

 

Sul filo della tragicommedia, Albert Dupontel offre un adattamento per il grande pubblico, ma allo stesso tempo molto personale, del romanzo di Pierre Lemaître
Tutto comincia in Marocco nel novembre del 1920 con un uomo interrogato dalla polizia. È Albert Maillard (interpretato dal regista), un ex combattente con “una storia lunga e complessa” da raccontare.
Una storia che inizia il 9 novembre 1918, nelle trincee della Prima guerra mondiale, e il film si immerge nel campo di battaglia attraverso un favoloso piano sequenza aereo, poi a terra, sulla scia di un cane che si intrufola tra i soldati. “Nessuno voleva combattere” perché “morire per ultimi è ancora più stupido che morire per primi”, precisa Albert in voce off. Nessuno, tranne il tenente Pradelle (Laurent Laffite): “ci faceva più paura dei tedeschi. La guerra era cosa sua”. Un’ossessione che spinge l’ufficiale a ritirare l’ordine di armistizio imminente e a scatenare un ultimo assalto con un inganno fatale (uccide alle spalle due dei suoi soldati) che Albert scopre prima di quasi morire sepolto, salvato in extremis dal suo compagno d’armi Edouard Péricourt (Nahuel Perez Biscayart).
Ma quest’ultimo non ha la stessa fortuna: un tiro d’artiglieria lo centra in viso, trasformandolo in una mostruosa “bocca rotta” di cui Albert, riconoscente, si prenderà cura, fornendogli la morfina e una falsa identità.
Tutti questi personaggi si ritrovano un anno più tardi a Parigi dove il cinico Pradelle si è riconvertito (a forza di inciuci) nel business della sepoltura ufficiale dei morti in battaglia….

 


 

Jeanne Balibar ha vinto invece il premio come miglior attrice per “Barbara“, settimo film diretto da Mathieu Amalric, noto normalmente come ottimo attore, ma che talvolta si cimenta con successo anche alla regia.

 

Lei si chiama Brigitte e interpreta Barbara. Lui si chiama Yves e la dirige. Lei è destinata alla scena, lui ad amarla in prima fila. Timido, febbrile, ammaliato. Da Brigitte o da Barbara? L’una e l’altra senz’altro. Perché le due dame brune non smettono di dialogare, di confondersi, di separarsi, di scambiarsi al punto da non poterle più distinguere. Chi canta? L’attrice o la chanteuse? Crediamo di saperlo ma forse ci sbagliamo.
Barbara è il biopic dell’omonima cantautrice francese e un film dove verita’ e finzione si confondono in modo affascinante.

 


 

E infine se volete recuperare le puntate precedenti di CineFrance questo e’ il link !!

 

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