Le idi di marzo

Mercoledi’ 21 dicembre “Le idi di marzo” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amici del Cinema.

Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.

 

Dati Tecnici
Regia: George Clooney
Con: George Clooney, Evan Rachel Wood, Marisa Tomei, Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman e Ryan Gosling
Durata: 101 min

Trama del film
“In Ohio, in un prossimo futuro, durante le primarie dei democratici per la presidenza degli Stati Uniti, un giovane e idealista guru della comunicazione lavora per un candidato, il governatore Mike Morris, e si trova, suo malgrado, pericolosamente coinvolto negli inganni e nella corruzione che lo circondano.”

Trailer
http://www.youtube.com/watch?v=VXWhAwIu554

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  1. Pietro Diomede scrive:

    La migliore sintesi per giudicare “Le idi di Marzo” è la domanda finale fatta a Ryan Gosling che chiude il film e il suo primo piano con uno sguardo fisso quasi senz’anima simile a uno squalo.
    Perché il film di George Clooney non è un film sull’ideologia della politica, il suo intento non è spiegare i principi democratici o repubblicani.
    E’ un film sul dietro le quinte, sul mondo degli addetti stampa, sul cinismo che sta dietro a una notizia o a una frase infelice.
    Protagonista è un giovane addetto stampa, un Ryan Gosling che diventa sempre più bravo ogni film che interpreta, del candidato alla primarie democratiche George Clooney.
    Il ragazzo è un mago della comunicazione e delle strategie e paradossalmente ancora legato a certi principi ideologici, imparerà ben presto a sue spese che in questo mare di merda ci sono degli squali affamati pronti a venderti per un voto.
    Le idi di Marzo è un film che omaggia sia nella tematica che nella messa in scena quei film di forte impegno sociale tipici della cinematografia americana anni ’70 (tipo Il candidato per intenderci) ma con un cinismo che è segno di nostri tempi.
    Clooney regista dirige che è un piacere il suo cast…. È un film sulle seconde linee della politica e sceglie le migliori seconde linee del panorama cinematografico americano.
    È una gara di bravura nel proprio ruolo tra Philippe Seymour Hoffman e Paul Giamatti, giocatori di scacchi ineccepibili….persone che sanno benissimo come ribaltare a proprio favore un’innocua chiacchierata….maestri della palestra della politica che insegneranno benissimo a far crescere i muscoli al talentuoso ma giovane Gosling.
    Il vero punto di forza di questo film è il punto di vista che vede un democratico come George Clooney mettere in scena la campagna politica con tutti gli annessi e connessi di un candidato alle primarie presidenziali democratico, con chiari riferimenti a fatti vicini al caso Clinton con tutte le dovute correzioni. E la scelta di cambiare il titolo originale con “Le idi di Marzo” fa capire di gran lunga l’intento di mettere in scena le cospirazioni e le coltellate simboliche che la politica attuale nasconde….
    Voto 7,5

  2. Davide Righini scrive:

    Recuperato il film (visto il primo giorno dell’Anno Domini 2012) , l’ho trovato interessante perchè decisamente poco “americano” e concordo con l’apprezzamento di Clooney regista (che si fa così perdonare la “raccolta fondi” per finanziarsi i film che attua tramite le pubblicità del caffè o di altro dove fa il piacione manco fosse Rutelli…).
    Quasi assente l’azione, facce di bronzo e dialoghi serrati: il cinismo di cui è permeato l’intreccio a noi europei, anzi, a noi italiani non ci scalfisce più di tanto..forse è una novità per gli americani che ancora credono (o fanno finta di credere) negli ideali della Costituzione…dopotutto a Nixon non hanno perdonato l’arroganza di dichiararsi “al di sopra di ogni sospetto” nonostante un anno prima avesse vinto le Presidenziali in 50 stati su 50 e Clinton ha dovuto fare i salti mortali per evitare che le sue “performance” boccaccesche inficiassero il suo doppio mandato; da notare che storicamente è soprattutto nelle primarie (quindi tra elettori dello stesso partito) che si scatena la peggiore tensione..tanto per dire Obama venne attaccato molto più da Hillary che dallo sconfitto repubblicano..additittura le sue foto venivano ritoccate per farlo apparire ancora più nero durante le Primarie democratiche.
    Tutto questo per dire che Clooney (e l’autore del racconto) non ha inventato assolutamente nulla: ma mai (almeno a mia memoria) si è visto un simile affresco – assolutamente verosimile mi sento di dire – della politica americana; di cosa in realtà siano i partiti (l’unico vantaggio rispetto a noi è che sono solo due e che i finanziamenti delle “lobbies” sono un pochino più trasparenti che da noi…altra questione è il finanziamento pubblico nostrano che, come vedete, non viene nemmeno messo in discussione, nonostante sia una delle uscite maggiori, molto maggiore, per esempio, dello stipendio dei 900 e passa nostri “rappresentanti”.
    Ma corro il rischio di andare fuori tema…purtroppo è molta l’indignazione che provo come italiano per come è stato ridotto il mio paese che mi riesce difficile indignarmi per come viene raffigurata la classe politica di un paese straniero…almeno in Usa qualcuno lo dice, almeno qualcuno ne parla !! Qui in Italia film così ce li possiamo sognare…”Cittadino al di sopra di ogni sospetto ” o “Signore e signori Buonanotte” sono degli anni ’70 del secolo scorso :-)
    Sceneggiatura di ferro, interpreti all’altezza (menzione per Paul Giamatti e per il personaggio di “Paul” Philip Seymour Hoffman, oltre che per Clooney, per una volta in un ruolo negativo); il protagonista, Stephen Meyers, molto aiutato dalla parte, ha fatto i compiti a casa ed è comunque molto professionale…bicipiti in mostra per il pubblico femminile e bavero alzato come Robert Redford ne “I tre giorni del condor” (per una personalità magnetica dobbiamo ripassare )

  3. Cristina Ruggieri scrive:

    @Chiara: In qualche modo le circostanze dovrebbero definire la reazione. Mentre nel film le circostanze non contano, ognuno agisce in modo spietato.

    • Chiara Desiderio scrive:

      sì, è quello che intendevo. Poi dipende cosa intendi tu per circostanze. Esempio in altro campo: gitarella in barca a vela, improvvisamente il tempo peggiora, quello in barca con te si fa prendere dal panico, hai già ammainato il fiocco e gli dici di ridurre l’unica vela rimasta, la randa. Lui, preso dal panico, la tira giù tutta, rendendo completamente ingovernabile l’imbarcazione. E’ andata a finire bene per enne ragioni, tra cui la fortuna, durante il casino gli ho anche fatto pat pat sulla spalla e non l’ho rimproverato, come in teoria avrei potuto fare, considerato che non aveva fatto quel che gli avevo detto (e in quel momento al timone ero io) rendendo la barca ingovernabile e dimostando di non aver nemmeno capito la logica del mezzo che voleva imparare a usare. Sono stata mamma fino alla fine, del resto aveva ddirittura la nausea per la strizza, gli ho detto non preoccuparsi, son cose che capitano. Ma se permetti in barca con lui, solo noi due, non ci sono uscita più!;-P Insistere a fidarmi credo sarebbe stato suicida, non trovi?:-)

      • Cristina Ruggieri scrive:

        No. A me in barca è successo due volte che i propietari delle barche, da gran capitani si siano buttati in acqua e poi non siano più riusciti a risalire a causa delle onde o della corrente. In entrambi i casi è finita poi bene. In entrambi i casi non ho perso la fiducia e sono tornata in barca con loro.

      • Chiara Desiderio scrive:

        @Cristina: non è la stessa cosa saper o no risalire su una barca e saperla portare e sapersi comportare di conseguenza in condizioni difficili. Se ti fossi ritrovata in una tempesta e i due capitani si fossero fatti prendere dal panico e fossi stati tratti in salvo da qualcun altro tu torneresti in barca con loro? Questa non è fiducia, dal mio punto di vista, ma imprudenza :-)

  4. Chiara Desiderio scrive:

    Ciao a tutti!:-)
    Condivido totalmente quanto ha scritto Omer (il che non so se debba far preoccupare più lui o me :-D ). Sia sul piano della regia, che della sceneggiatura, l’ho trovato sotto tono rispetto a “Good night, and Good luck” anche se ho apprezzato il non ottimismo, il negare ogni illusione di idealismo, il metter qui e lì piccoli riferimenti al blocco di potere esistente evidenziando come un fine carriera possa esser ritrovarsi a fare i consulenti nella provincia del mondo della consulenza ma per un reddito (tra i 750.000 e il milione) che permetterà sempre di esser parte del famoso 1% (il 99% è quello al di sotto dei 250.000 dollari annui). Parentesi: che dei pubblcitari (che questo sono, piazzano un prodotto su un mercato) abbiano un potere economico così elevato mi fa venire la pelle d’oca. D’accordo nel film hanno i volti di Paul Giamatti, il belloccio di turno (non ricordo il nome) e quel grande che è Philip Seymour Hoffman ma temo nella realtà sian molto meno fascinosi e assai più mediocri. Forse il limite principale del film di Clooney è che la ragione per cui Morris cade in disgrazia agli occhi di Stephen è la solita parentesi sessuale con la stagista, nessun riferimento all’assenza di una coerenza politica su cui non ricordo che testata statunitense si è concentrata sottolineando la partecipazione di Obama ad un evento per una raccolta fondi organizzata per la sua campagna proprio da esponenti di quel 1% che critica nei suoi discorsi pubblici ogni due per tre. Un film sull’assenza di idealismo nella politica americana che non riesce ad esser politico (dopo tutto Stephen sembra reagire più per orgoglio ferito che per idealismo tradito). Sperem che la politica non sia davvero morta e sepolta. Però George Clooney rimane sempre bello, bravo e intelligente!:-P

  5. Omer Loncours scrive:

    Faccio fatica a distinguere tra etica e politica, la politica dovrebbe essere ispirata dall’etica e quindi in un certo modo rappresentarla. Perdonare non significa cancellare la punizione, deve come esistere la certezza della pena, quale poi debba essere diventa un altro discorso. Il film ci dice che nella politica americana basta un errore per essere fuori, la storia ci ha detto, che spesso contano più gli errori sul lato personale che non su quello politico. Ma essere fuori dalla politica non è una sentenza di morte ed anche nel film sono illustrate le altre chance, certo non si può più rincorrere il potere. E’ quindi il potere ad avere un’etica che non consente il perdono e tutto sommato considerando che il potere non è certo una rappresentazione etica, la cosa non mi urta particolamente.
    A parte la dissertazione filosofica, il film non mi ha entusiasmato, non porta nulla di nuovo, si limita a svolgere (sicuramente molto bene) il suo compitino. L’unica nota etremamente positiva è il finale aperto. Quasi nessuno di noi ha creduto che alla fine potesse confessare tutto, ma in fondo sarebbe stato possibile

  6. Annafranca Geusa scrive:

    Sarà l’amarezza che mi ha lasciato nel finale, sarà il pesante pessimismo di cui il film è intriso, ma saranno anche i dialoghi scarni, troppo scarni e spesso noiosi e un po’ banali e un film inizialmente lento a delinearsi, ma a me “Le idi di marzo” ha lasciato un po’ di dubbi e anche io l’ho trovato freddo. E quando finalmente prendeva il ritmo e iniziava a diventare interessante, la corsa verso un finale cupo ha spento tutto, senza fornire spiegazioni, senza delineare i personaggi. E nonostante un bel cast, sembra che tutti siano un cameo, una particina senza impronta e anche il giovane, comunque bravo, Ryan Gosling, lascia il suo personaggio comunque indecifrabile, senza passione, neanche per il potere o per la proprio successo. E per una volta non ho trovato neanche un critico vagamente vicino alla mia sensazione… forse dovrei rivederlo.

  7. Luca Tavian scrive:

    I tranelli e imbrogli che abbiamo visto in sala sono solo la punta dell’iceberg della politica a livello mondiale. Film godibile e una volta tanto senza happy end.

    • Davide Righini scrive:

      Concordo in pieno Luca…credo ci sia molto di peggio in USA (e pure da noi, negli Stati Uniti d’Europa, dove ce lo stiamo sciroppando proprio in questi periodo).

  8. Stefano Chiesa scrive:

    Ma che bravo e’ il Clooney regista !! Questo e’ stato il mio primo pensiero al termine de “Le idi di marzo”. Che e’ un film potente, teso, diretto come un treno in una inesorabile discesa verso la disillusione e la ferocia.
    Le coltellate a tradimento delle storiche idi di marzo vengono date da tutti i personaggi del film e a guardar bene nella cernita del bene e del male non si salva davvero nessuno.
    Il film ha il volto e l’anima di Ryan Gosling, prima spinto da entusiasmo e fiducia e poi stravolto dal tradimento e dalla sfiducia (da notare il cambiamento netto della sua mimica facciale) e “obbligato” a utilizzare con i propri nemici le stesse armi che lo hanno trafitto.
    Concordo con Cristina, qui non si parla solo di politica, ma bensi’ di etica e il giudizio di Clooney, seppur sul finale mostrato un poco schematicamente, e’ netto e senza speranza. Non e’ una sorta di qualunquismo, ma una triste visione della società moderna americana.
    Attori davvero eccellenti, con Ryan Gosling e il magnifico Philip Seymour Hoffman (quante sfumature sul suo volto, un pittore delle emozioni) su tutti.
    Piccolo inciso personale, io amo molto il basket universitario americano e vedere il tour del senatore Morris toccare le principali università statunitensi dell’Ohio (Ohio State, Cincinnati, Kent state, Xavier) con i soprannomi delle diverse squadre (i Buckeyes, i Bearcats) e’ stato un piacere in piu’ nella visione del film (anche se poi in realtà la pellicola e’ stata girata in Michigan tra Detroit e piccole città come Clawson)

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Hai ragione Stefano, non si salva nessuno. E tanto per fare uno dei miei soliti arditi paragoni, ho sempre pensato che il mostro interpretato da Javier Bardèm in “Ma non è un paese per vecchi” dei Cohen fosse la rappresentazione metaforica di questa società: cinica, razionale, con una propria inderogabile idea di giustizia, spietata . E dalla quale non si salva nessuno.

  9. Paolo Barni scrive:

    Ciao a tutti, dato che Stefano ha esortato quelli che non sono stati entusiasti del film di ieri a lasciare commenti, mi sono sentito “chiamato” :-) .
    Però io non sono un esperto di arte cinematografica e posso solo scrivere quello che il film ha dato a me ed esprimere un giudizio MOLTO soggettivo.
    Ho trovato il film fatto molto bene ed interessante solo che mi ha dato pochissime emozioni, quindi l’ho sentito “freddo” …mi hanno decisamente più coinvolto altri film come “this must be the place”, “Una separazione” o “Tra le nuvole” sempre di Clooney.
    Inoltre non l’ho trovato molto originale, mi è sembrato il solito film americano sulla mancanza di etica nel potere.
    Queste sono solo le mie sensazioni riguardo al film….non mi lancio in valutazioni tecniche che non sono capace di fare….il film mi è piaciuto, ma meno di altri che siamo andati a vedere assieme. Salutoni!!!

  10. Cristina Ruggieri scrive:

    Più che un film sulla politica americana, della quale mancava quasi tutto a cominciare dai soldi, mi è sembrato un film sull’etica protestante americana e le sue conseguenze. Un’etica in cui non c’è redenzione. Gli errori sono irrimediabili. Le ragioni dell’altro non vengono mai accolte, solo la punizione è possibile. E ciascuno punisce in base alla propria idea di giustizia. Emblematica a questo proposito è la risposta di Morris sulla pena di morte.
    L’impossibilità di redenzione crea cattiveria o disperazione. Il film mostra entrambe le reazioni, portandoci ad una conclusione senza speranza di redenzione.

    • Marta Erba scrive:

      Meglio l’etica cattolica del perdono e del “chi siamo noi per giudicare?” in cui sguazzano i politici nostrani? Non so: mi sembra che le conseguenze (rassegnazione, impotenza, imbruttimento…) siano altrettanto drammatiche

      • Cristina Ruggieri scrive:

        Concordo Marta. La giustizia è un elemento fondamentale del convivere civile. Ma, secondo me, non può essere un apriori, basato unicamente su principi e razionalità. Perchè diventa disumana.
        Ce lo racconta Shakespeare nel “mercante di Venezia”, per voce di una donna, Porzia, che invoca la superiorità della compassione per convincere Shylock a considerare le ragioni dell’altro e a non chiedere giustizia e basta.
        “The quality of mercy is not strain’d, (forzata)
        It droppeth as the gentle rain from heaven
        Upon the place beneath. It is twice blest:
        It blesseth him that gives and him that takes.”
        It is enthronèd in the hearts of kings;
        It is an attribute to God himself,
        And earthly power doth then show likest God’s
        When mercy seasons justice. ”
        Al di là dei riferimenti a Dio, la frase chiave, per me è when mercy seasons justice. Cioè la giustizia esiste, ma la comprensione la mitiga, la rende umana.
        A noi sembra un’ovvietà. Per gli Stati Uniti, paese protestante non lo è affatto.

      • Chiara Desiderio scrive:

        @Cristina: giustizia è una cosa, fiducia tradita è un’altra. Quando viene meno il rapporto fiduciario tra due o più persone credo sia ancor più difficile definire univocamente come ci si debba comportare, io per prima avrei un modo diverso di reagire rispetto a questo tema se lo dovessi affrontare in ambito privato o in ambito professionale, più incline a compredere nel primo caso ma assai restia a ridare fiducia nel secondo. Al netto che tutto il mondo che il film descrive è talmente al di fuori delle mie corde che non potrei sopravviverci un secondo, non sarei assolutamente in grado di avere la malizia di un Paul che sfrutta il cedimento di Stephen a suo vantaggio per poi dirgli tranquillamente “dopo tutto hai tradito la mia fiducia”!:-)

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