Occasioni per non dimenticare. Il giorno della memoria e il cinema.

In una ricorrenza come questa cadere nella retorica e nella banalità è facilissimo e anche in questo articolo sicuramente non riusciremo ad evitare questo trabocchetto.

 

Fatta questa premessa, ritengo che il giorno della memoria sia oggi piu’ necessario che mai… la nostra memoria storica si sta pericolosamente azzerando, non ci ricordiamo cosa e’ successo ieri, men che meno quello che e’ successo durante la seconda guerra mondiale, che probabilmente per molti e’ un lontano racconto dei genitori o dei nonni. La testimonianza del passato dell’Olocausto ci potrà servire soprattutto per evitare che queste tragedie si ripetano nel nostro presente, sia che parliamo del Darfur, che della Birmania che di tutti i paesi del mondo nei quali la parola “diritti umani” è tristemente obsoleta.

 

Nel nostro piccolo di appassionati di cinema abbiamo deciso di dare un contributo a questa giornata nel campo che maggiormente conosciamo… appunto quello dei lungometraggi.

Alcuni amici si sono improvvisati “giornalisti per un giorno” e ci hanno raccontato i loro ricordi e le loro emozioni legate a film che trattano l’argomento della Shoah o del nazismo.

 

Cristina Bellosio ha indelebilmente in mente la bambina con il cappotto rosso del film di Steven Spielberg:

“Quando penso al dramma delle deportazioni le prime immagini che scorrono davanti ai miei occhi sono quelle del capolavoro di Steven Spielberg “Schindler’s list”.

A sottolineare la tragicità degli eventi tutte le scene sono girate in bianco e nero, eccezion fatta per la scena iniziale, per il finale commovente in cui si vedono i discendenti degli ebrei di Schindler posare una pietra sulla tomba, ed infine, per le due scene in cui compare una bimba con un cappottino rosso. Nella prima scena la bimba corre per salvarsi durante la liquidazione del ghetto, nella seconda è trasportata su di un carretto, in mezzo a molti altri cadaveri, per essere bruciata.

In quelle immagini della bambina con il cappotto rosso sembra di poter cogliere un messaggio molto importante: l’olocausto ha significato la morte di 6 milioni di persone, ma, pur nell’enormità di questo numero, ogni singola vittima è una persona che ha una sua peculiarità e una sua storia da raccontare.

Ma chi era, in realtà, la bambina dal cappotto rosso di cui parla Spielberg ?  Quella bimba aveva un nome : Roma Ligocka, cugina nientemeno che del grande regista Roman Polansky. Alla sua vicenda, si ispirò Spielberg per la prima scena in cui la bambina sopravvive fortunosamente alla liquidazione del ghetto ; nel film la bimba va incontro alla morte, ma nella realtà, quella bimba sopravvisse e narrò la sua storia in un libro intitolato, per l’appunto, “La bambina con il cappotto rosso”"

 

Davide Righini invece ricorda un film meno conosciuto, ma comunque meritevole di essere ricordato, ovvero “Il treno”:

“Il treno (The Train) è un film del 1964 diretto da John Frankenheimer, tratto dal romanzo “Le front de l’art” di Rose Valland.

Siamo a Parigi nel 1944…abbiamo Burt Lancaster nei panni di un ferroviere francese (segretamente legato alla resistenza) che, costretto da un colonnello nazista che vuol far credere di essere un neo-mecenate (quando è in pratica un ladro d’arte) deve organizzare un tragitto di un treno straordinario in cui sono stipate le tele del Museo Jeu de Paume; l’ organizzazione di questo tragitto ferroviario è curiosamente avversata dagli altri nazisti che preferirebbero usare tale mezzo per poter scappare in Germania anzichè stiparlo di opere di pittori addirittura considerati “decadenti”.

Il treno non  arriverà mai a destinazione ma ciò costerà molte vite tra i ferrovieri stessi che moriranno perchè delle opere d’arte francesi (di cui ignoravano l’esistenza prima d’allora) non venissero trafugate.

Tecnicamente il film può apparire datato e prolisso e quindi apparire a tratti noioso tuttavia cio’ che mi importa sottolineare è quello che il film intende investigare, che poi è la domanda universale: davanti alla barbarie come si deve comportare l’uomo giusto? salvare la pelle o rischiarla per qualcosa che trascende l’uomo stesso?

In questo senso illuminante appare il discorso con cui la curatrice del Museo chiede aiuto agli uomini della resistenza per fermare il treno; essa ricorda che non si tratta di semplici quadri, ma di testimonianze della vita che si è sviluppata in Francia e che in Francia devono rimanere perchè altri che ivi nasceranno li possano apprezzare.. che ciò comporta anche una precisa responsabilità nei confronti delle generazioni future; e che ” c’è gente che è morta per molto meno” .

Il nazista che si credeva illuminato sprezzantemente ricorda al capotreno nella scena finale se valeva la pena morire per opere che nessuno di coloro che sono morti per impedire che andassero in Germania avrebbe mai capito il valore…

Una sventagliata di mitra è stata la risposta…

Come ci saremmo comportati noi?”

 

Siamo inoltre convinti che il cinema possa sprigionare ancora un forte potere:

 

“La vita è bella, Schindler’s list, Il pianista, Jona che visse nella balena… Noi che amiamo il cinema sappiamo quanto alcuni film contribuiscano a combattere l’antisemitismo, e in generale la brutta tendenza della mente umana, in momenti di sofferenza e difficoltà, a individuare un “nemico esterno” (meglio se diverso e ben distinguibile da noi) e a inventarsi storie che ne provino la colpevolezza. Insomma: come disse Pasolini: ‘arriviamo a delirare per liberarci dal peso di confrontarci da soli con la verità’.

E’ quello che è successo in Germania – oppressa dai debiti e dalla paura – nella prima metà del ‘900, ma che si ripete ancora oggi nei momenti di grande destabilizzazione: subito dopo il crollo delle Torri Gemelle, per esempio, si diffuse la voce – falsa – che tra le vittime non vi fosse nessun ebreo, come fossero gli ebrei i veri artefici del massacro.

Che cosa può fare dunque il cinema (e quindi noi, che al cinema ci andiamo) per evitare che questi episodi si ripetano? Due cose. Può combattere l’antisemitismo con la stessa arma che l’ha creato (la narrazione), costruendo storie che, invece di spingere a distorsioni aberranti, favoriscano la partecipazione emotiva al dolore di chi le aberrazioni le ha subite e le subisce. Ma soprattutto il cinema (il buon cinema) ci mette di fronte alla complessità del reale, che non è mai bianco o nero, buono o cattivo, giusto o sbagliato, ma tutte queste cose insieme.”

 

Per concludere, dopo tutte queste segnalazioni sui film del passato, vi segnalo invece un film del presente: esce oggi nelle sale italiane “Vento di primavera”, film con Jean Reno e Mélanie Laurent che racconta la deportazione degli ebrei francesi durante l’occupazione nazista.

 

Una ennesima occasione per non dimenticare.

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