Un’avventura così appassionante che sembra un romanzo

Era dal 2016 e dal film su Emanuela Orlandi che non vedevamo al cinema un nuovo film di Roberto Faenza e adesso per la gioia di tutti i cinefili esce “Hill of vision“, che racconta l’incredibile storia vera del premio nobel per la medicina Mario Capecchi.

 

Mario ha 5 anni, un padre fascista inviato in Libia e una madre americana che non ama il regime e cerca di opporvisi. Quando la donna viene arrestata dai fascisti il bambino, che era stato affidato a una famiglia di contadini, essendo finita la somma loro consegnata, finisce con il trovarsi per strada vivendo alla giornata e non sottraendosi anche a piccoli furti.
A guerra terminata in maniera del tutto inattesa ritrova la madre che lo porta con sé negli Stati Uniti in una comunità di quaccheri che si chiama “Hill of Vision”. I problemi per lui non sono terminati perché il percorso di integrazione non si presenta per nulla semplice.

 

Nel cast Laura Haddock, Edward Holcroft, Elisa Lasowski, Francesco Montanari e Jake Donald-Crookes.


 

Sentiamo le parole del regista torinese su questo suo atteso film:
 
Sono quindici anni che lavoriamo a questo film, ovvero dal 2007, da quando io e Elda Ferri abbiamo appreso della vita di Mario Capecchi, premio Nobel per la Medicina. Sua madre Lucy, americana, viene arrestata dai nazifascisti e deportata a Dachau, e Mario all’età di 4 anni viene abbandonato tra le montagne di Bolzano. Come può un bambino così piccolo sopravvivere vivendo alla giornata, senza mai un pasto caldo, e poi emigrare in America dove si trova ad affrontare altre enormi difficoltà? Sarebbe una storia incredibile se non fosse accaduta davvero. Infatti è stata la stessa Accademia del Nobel a segnalare che la biografia di Capecchi sarebbe perfetta per un film. Speriamo di essere stati all’altezza del compito.
 
La cosa che più mi ha affascinato di questa impresa è stata l’idea di dovermi cimentare con la psicologia di Mario in quell’arco di tempo che va dai 4 agli 11 anni, il periodo che intendevamo raccontare. Come ha potuto quel bambino superare la fame, la povertà, l’abbandono prima della madre e poi del padre? Come è riuscito, partendo da una condizione di vita a dir poco impossibile, ad affrontare il passaggio dall’Italia all’America, da una lingua all’altra, dall’analfabetismo alla scienza?
Ho sempre avvertito il fascino della psicologia infantile, che ho raccontato in alcuni miei film, da ‘Jona che visse nella balena’ a ‘I Viceré’.
 
Freud sosteneva che nei primissimi anni di vita si forma il carattere di un individuo. È certamente vero nel caso del nostro piccolo Mario, che deve aver introiettato da sua madre Lucy un insegnamento così forte e potente da superare quell’inferno che ha vissuto sino a quando è stato ritrovato, allorché nel 1945 lei è tornata viva dal campo di concentramento.
Il senso del film è offrire allo spettatore gli stessi momenti di emozione e passione generati in me dall’incontro con la vita di Mario, un’avventura così appassionante che sembra un romanzo.
Lo stile del film non può che essere questo: raccontare tutto ciò, sapendo che chi lo vedrà, se il risultato sarà quello che spero, uscirà arricchito da tante emozioni fuori dall’ordinario. Il messaggio è chiaro: se ce l’ha fatta Mario, partendo da una condizione così estrema, allora possiamo farcela anche tutti noi.
Basta saper essere “resilienti”, ovvero non darsi vinti mai.

 

Finiamo come sempre con il trailer ufficiale !!

 


 

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