Sabato è il giorno clou della Mostra, quello in cui qualunque cosa, dal gabinetto allo spritz richiede la pazienza di lunghe code. Code che questa volta sono rese ancora più insopportabili dalla pioggia che, con poche tregue, continua a cadere copiosa sul Lido. Dopo un veloce tramezzino tonno e cipolline al Lions, il Vostro Inviato sceglie di iniziare la giornata cinematografica con un film turco presentato nella sezione orizzonti: The announcement di Mahmut Fazil Cosikun (nella foto con gli interpreti del film). Racconta in chiave decisamente sarcastica un fallito colpo di Stato militare negli anni ’60. Il vostro Inviato non è in grado di dire se è un fatto realmente accaduto, o un’invenzione artistica. Certo è che il parallelismo con i recenti eventi turchi è evidente.
Colpisce la totale assenza di discussione politica tra i partecipanti al golpe, la banalità degli scambi tra loro, la totale assenza del concetto stesso di democrazia nel loro senso comune. Film che sarebbe stato interessante approfondire nella discussione che è seguita, ma che il vostro Inviato ha dovuto saltare per correre in Sala Grande dove stava iniziando Peterloo di Mike Leigh, lo splendido settantenne della foto, qui con due interpreti del film. Siamo davanti a un vero e proprio kolossal inglese in costume che dura due ore e mezza. Ambientato nel 1819 racconta la nascita dei movimenti politici radicali inglesi, nati subito dopo la fine delle guerre napoleoniche sull’onda delle idee della rivoluzione francese. E’ un film molto politico, pieno di discussioni politiche anche e soprattutto all’interno dei due gruppi contrapposti, i radicali liberal, la sinistra, e gli aristocratici conservatori. Gli eventi culmineranno in una grande manifestazione pacifica che sarà repressa nel sangue dalla Guardia Nazionale inglese. Nel film ci sono tutte le contraddizioni della politica che conosciamo: il narcisismo dei leader, i contrasti interni che indeboliscono, le capacità oratorie che diventano necessariamente spettacolo. Impossibile essere “puri”, anche se si lotta per un’idea che oggi tutti diamo per scontata: il suffragio universale. Molto bella anche la rappresentazione dei giornalisti, anche loro in perenne contraddizione tra la volontà di informare e il cinismo di passare sopra ai cadaveri pur di riuscire a farlo. Un grande film. E arriva il momento di Suspiria, film tortura per la sensibilità impressionabile del Vostro Inviato, che ha perciò deciso di non vederlo. Così, mentre i fan aspettano Tilda Swinton sul red carpet e il cielo diventa sempre più nero, il Vostro Inviato si concede uno spritz e una deliziosa cena con antipasto di pesce e sarde fritte con la polenta, quella bianca morbida veneziana. Poi sempre sotto la pioggia si mette in coda in Sala Grande per l’ultimo film della serata: Frères Ennemis di David Oelhoffen. Nella foto il regista a sinistra con i bravissimi interpreti: Mathias Schoenaerts (lo ricordate nel sapore di ruggine e ossa di Audiard?) e Reda Kateb. Il film è costruito come un classico noir francese, Manuel (Schoenaerts) e Driss (Kateb) sono amici d’infanzia, cresciuti nello stesso quartiere arabo, ma il primo ha seguito i padri (noi diremmo padrini) del quartiere diventando narco trafficante, mentre l’altro è entrato nella squadra narcotici, proprio grazie al mondo in cui nato. Film di genere adrenalinico quindi, ma denso di umanità. Un regista interessante Oelhoffen, di cui il Vostro Inviato aveva molto amato il precedente veneziano “Loin des hommes” del 2014, purtroppo mai uscito in Italia.
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