I 400 colpi di Nisha

Dopo aver ricevuto un’ottima accoglienza al Toronto International Film Festival 2017, “Cosa dirà la gente“, diretto da Iram Haq, attrice, sceneggiatrice e regista norvegese di origine pachistana, sarà al cinema dal 3 maggio con Lucky Red.

 

La regista porta sul grande schermo la sua esperienza con una storia commovente di amore e coraggio: l’amore familiare soffocato da rigide tradizioni e convenzioni e il coraggio di trovare la propria strada, nonostante le difficoltà e la sofferenza.

 

La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità col suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla a casa di alcuni parenti in Pakistan. Lì, in un Paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre.

 

Il ruolo di Nisha è ricoperto dalla giovane Maria Mozhdah, che per la sua intensa interpretazione in questo film ha ricevuto lo scorso 27 aprile il premio come migliore attrice nella sezione Panorama Internazionale del Bari International Film Festival.


 

All’anteprima stampa milanese era presente Fabio Bresciani e allora sentiamo le sue parole:
 
“La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Tutto funziona finchè il padre Mirza non la scoprirà con un ragazzo in camera e allora i due mondi si scontrano. Troppo grave è per il padre l’offesa all’onore della famiglia, nonostante lei sia la sua figlia prediletta. Secondo il suo punto di vista la colpa è della cultura occidentale in cui la ragazza ha vissuto e dunque, per farne un esempio, decide di rapirla per lasciarla dai dei suoi parenti in Pakistan, in modo che possa recuperare la sua identità pachistana. Per Nisha si tratta di una cultura che sente totalmente estranea, affidata a persone che non conosce e privata delle più semplici libertà. La regista trae spunto dalla propria vita personale: è stata rapita e portata in Pakistan contro la sua volontà a soli 14 anni. Da qui in poi ha costruito una storia inserendo anche elementi di fantasia, ma coerenti con il contesto che ben conosce.
 
La convivenza di diverse identità nelle seconde generazioni è spesso problematica, quando ad esse sottendono valori che confliggono con la mentalità tradizionale delle prime. La storia non racconta semplicemente di un rapporto padre/figlia visto come carnefice e vittima, ma tenta di mostrare quali siano le ragioni che portano alla strenua difesa dell’identità a tutti i costi, in nome della suprema difesa di cosa la società può pensare di una famiglia.

Nella cultura pachistana, (come in altre culture) conta più la società dell’individuo, quindi risulta più importante come essa ti considera, piuttosto di cosa tu pensi di te stesso. Questo tipo di mentalità non è affatto lontana dal nostro quotidiano: nei social media vigono le stesse regole e anni fa una ragazza pachistana Hina è stata uccisa dal padre solo perché aveva rifiutato un matrimonio combinato.
Nisha cercherà in tutti modi di sottrarsi al terribile destino, ma rimarrà schiacciata dalla società capace di vederla solo attraverso il pregiudizio e privandola della possibilità di autodeterminarsi, oltre che discriminandola come donna. Ritornata in Norvegia la sua famiglia diventerà come una prigione perché le impedisce di scegliere il suo futuro. L’unica salvezza potrebbe risiedere nel chiedere aiuto ai servizi sociali, ma il timore delle conseguenze è molto alto.
La sceneggiatura e i dialoghi sono bene strutturati, anche se la messa scena non brilla per originalità. La principale qualità di Iram Haq è di conoscere bene la materia racconta e di trattarla con la dovuta profondità.
Da notare è la bravura della giovanissima protagonista Maria Mozhdah (qui al suo esordio) che ricorda un po’ Antoine Doinel ne “I 400 colpi” di Truffaut. Il finale è quasi identico, anche se nell’ultima scena quello a venire inquadrato è il padre. Avrà riconsiderato le sue scelte? “

 

Non si puo’ a questo punto non vedere il trailer ufficiale giusto ?

 


 

Questa voce e' stata pubblicata in Dai nostri inviati e contrassegnata con , .

Lascia un Commento