MIFF 2016: “Camping with Ada” e “Accused”

(ringraziamo Anna Baisi per l’articolo)

 

Il 13 luglio ho visto due film al MIFF (Milan International Film Festival) in pratica il nostro Sundance milanese, entrambi premiati nell’ambito del Festival.
Due film che seppur diversi indagano sui pregiudizi, sul sentire comune, sulla fragilità della diversità che la nostra società non accetta anzi addita come sbagliata e spesso non dà nessuna possibilità di redenzione.
 
Il primo “Camping with Ada” di Ina Lerner Grevstad è un cortometraggio che ha vinto come miglior corto nella categoria 0-15 minuti, il secondo è “Accused” (“Lucia De B.”) un lungometraggio di Paula van der Oest che ha vinto tre premi: per la regia, per il montaggio e per la migliore attrice protagonista.

 
Camping with Ada mi ha conquistato perché riesce a trasmettere le speranze tradite di una giovane ragazza rumena che è in Norvegia con la zia che cercherà di sfruttarla mercificando il suo corpo, “uccisa” dai pregiudizi ed umiliata fuggirà.
Ho sperato e lo spero ancora che Ada sia fuggita verso una vita migliore, ma la regista mi ha “rivelato” che è un finale aperto e chissà se si può scappare dai pregiudizi in cui gli altri ci hanno relegato senza volontà di comprensione ma solo con l’arido desiderio di rimanere ancorati ad un giudizio che non lascia possibilità di riscatto da una diversità colpevole.

 


 

“Accused” ci racconta delle agghiaccianti vicende giudiziarie accadute purtroppo realmente in Olanda a partire dal 2003 fino al 2010 all’ infermiera Lucia De Berk.
Lucia ha una sola colpa è diversa dalle altre infermiere e pur se competente e sempre disponibile è distaccata, di temperamento duro, algido anzi a tratti glaciale e questo non desta le simpatie delle altre colleghe che la vedono supponente e alla morte di un neonato non si fanno scrupolo nel parlare della “stranezza” di Lucia decretandone subito la colpevolezza.
La stampa crea un processo mediatico subdolo definendola una baby killer ed “angelo della morte” e i pregiudizi del “sistema” fanno della donna il mostro da sbattere in prima pagina confezionando così una colpevole a tutto tondo.
Da qui comincia il calvario di Lucia che dovrà affrontare tribunali, accuse, la vita carceraria solo perché incarna il perfetto capro espiatorio.
Il film è prezioso nella capacità di raccontare la banalità e l’indifferenza nei confronti dell’altro visto come “diverso” e quindi da eliminare ci mostra un sistema malato non solo di quell’Olanda del 2003 ma anche del nostro oggi che sul preconcetto e la negazione della diversità sta creando una società senza speranza.
Ada e Lucia, sono due donne lontane dagli schemi, diverse nella loro immensa fragilità, diverse perché vogliono emanciparsi da quello che il destino le ha relegate ad essere: sono due straniere che sbarcano in un mondo pieno di nemici che le additano come indesiderate perfetta metafora di questa società dove essere diversi, avere un colore differente, credere in un dio piuttosto che in un altro ci rende nemici senza possibilità di pace.
Forse Ada e Lucia nella loro battaglia vedranno di nuovo il sole, potranno essere quelle che sono, speriamo di avere anche noi la stessa possibilità.

 


 

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