Arnaud Desplechin è uno dei grandi registi attuali del cinema francese, un maestro pur essendo nato solo nel 1960.
I miei giorni più belli (“Trois Souvenirs de ma Jeunesse”) è uno delle sue pellicole più belle ed emozionanti e ora possiamo vederla nelle sale italiane.
Dopo un soggiorno in Tagikistan, Paul Dédalus, antropologo francese, rientra a Parigi. Fermato dalla polizia di frontiera, viene interrogato da un funzionario della DGSE (i servizi segreti esteri francesi). Paul Dédalus deve spiegare l’esistenza di un suo perfetto omonimo, un ebreo russo nato il suo stesso giorno, rifugiato in Israele e morto da qualche anno e da qualche parte in Australia.
Paul cerca nei ricordi e risale il tempo, indietro fino all’infanzia, alla morte per suicidio della madre, alla sua giovinezza coi fratelli e il padre vedovo inconsolabile, il suo incontro con la dottoressa Behanzin, all’origine della sua vocazione per l’antropologia, e quello con Esther, il suo primo e struggente amore.
Con uno splendido Mathieu Amalric e Lou Roy-Lecollinet, Quentin Dolmaire, Léonard Matton.
Sentiamo le parole del regista di Roubaix su questo film:
“È stato molto commovente per me ritrovare Dedalus, e attraverso di lui Mathieu Amalric. Non avevo mai affrontato il modo di essere al mondo di Paul da giovane, se non nella prima scena di Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle), in cui si vede questo ragazzo molto giovane che vuole raccontare sotto forma di romanzo la sua vita.
Volevo però vedere il suo incontro con Esther, è questo che mi ha spinto.
Una voce fuori campo diceva poi ‘Paul e Esther stanno insieme da più di dieci anni e sono più di dieci anni che non vanno d’accordo’. Mi sono sempre chiesto come potessero essere allo stesso tempo un disastro totale e un connubio perfetto.
Il titolo del film è venuto da un dialogo con Mathieu, visto che scrivo in completa solitudine. Non invito gli attori nel mio laboratorio, amo sorprenderli. È curioso il fatto che non sia venuto neanche da un moto nostalgico nei confronti della mia giovinezza, ma da un elemento tipico della mia età: l’appetito. Mi sono detto che sono capace di scrivere delle cose buone per degli attori di talento, ma il mio lavoro di scrittore sarebbe stato all’altezza di una nuova generazione, di giovani attori non ancora professionisti?
Sarebbero riusciti a utilizzare i miei dialoghi, che sono piuttosto difficili, dicendo delle verità su loro stessi?
Nella vita sono uno zio incompetente, sono pessimo con i miei nipoti, ho molta paura di loro. Certe volte non riesco a parlarci per niente e dicono che sono sinistro, di colpo inizio a parlare e pensano sia imbarazzante. Avendo questo malessere nei confronti delle giovani generazioni, mi sono chiesto se sarei riuscito a instaurare un rapporto di amicizia lavorativa con Quentin o Louise. Avevo un desiderio di scrivere per una nuova generazione e d’essere alla fine capace, alla mia età, di lavorare con loro, alla pari.
Lei è abituato, specie recentemente, a lavorare con grandi attori, star riconosciute, questa volta ha lavorato con dei ragazzi senza esperienza, scrivendo per loro quelli che ha definito “dialoghi austeri e poetici”; un notevole cambiamento.
Un cambiamento enorme, e ne avevo davvero bisogno. Credo sia un beneficio della maturità, questo appetito non me lo concedevo a trent’anni, ma ora a cinquant’anni mi autorizzo. Se sono capace di scrivere solo per degli attori affermati e talentuosi non serve a niente quello che faccio.
Avevo bisogno di questa novità, per mettermi in gioco, ascoltandoli. È stato fantastico.
Terminiamo come sempre con il trailer ufficiale !!