I giorni della vendemmia

Nell’uscita domenicale di dicembre è stato protagonista il film ”I giorni della vendemmia” , opera prima del giovane regista italiano esordiente Marco Righi.

Come consuetudine apriamo qui di seguito la pagina dei commenti e diamo spazio a chi volesse contribuire alla discussione.

Dati tecnici 

Regia : Marco Righi

Attori : Lavinia Longhi, Marco D’Agostin, Gianmarco Tabani, Maurizio Tabani, Claudia Botti

Durata :  80 minuti

Trama :  1984. Nel settembre ancora assolato della provincia rurale emiliana, Elia è un adolescente che vive con i suoi genitori: William, molto vicino al marxismo; Maddalena, donna molto devota; la nonna Maria e il fantasma di un fratello maggiore, Samuele, che non torna ormai da un anno. Cominciano i giorni della vendemmia, ed aiutare nel campo arriva anche Emilia, la nipote grande di una coppia di compaesani. La ragazza sta scrivendo la tesi e passa un po’ di tempo dai nonni facendo qualche lavoretto per guadagnarsi i soldi per un viaggio che sogna da diverso tempo.

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  1. Lorenzo Catacchio scrive:

    Non un cult e forse, citando la frase della locandina, neanche un gioiellino, però merita, secondo il mio modesto, avviso un giudizio positivo. La semplicità dei caratteri è ben sottolineata dall’uso dei dialetto emiliano, che, da solo, ispira simpatia. Certo ci sono alcuni passaggi a vuoto, della lunga scena della masturbazione avete già detto: però è interessante il montaggio analogico finale dove la piccola tragedia individuale del ragazzo tradito dalla “cittadina” si accosta alla perdita in diretta tv dell’ultimo leader politico degli anni 80. Perdita da cui qualcuno ancora oggi non si è ripreso. E alla fine il protagonista è ancora una volta perdente rispetto all’altro fratello – figliol prodigo- ma più consapevole ora dei propri sentimenti

  2. Stefano Chiesa scrive:

    Ammetto di essere stato per una volta molto deluso da un film in programmazione al film Mexico.
    Mi aspettavo un’opera delicata, ben curata a livello di sceneggiatura, magari anche ingenua visto che si trattava della prima prova come lungometraggio.
    Invece di ingenuo ne ha proprio poco visto che la telecamera e l’occhio del regista indugiano molte volte con tono troppo ricercato e quasi voyeuristico… dove una certa malizia (ad esempio la lunga scena inutile della masturbazione, alcune riprese molto ammiccanti sulla protagonista femminile) e un tono estetico eccessivo per me rendono il film poco sincero e abbastanza finto.
    In poche scene si riesce a respirare autenticità e naturalezza, come se magari la voglia di strafare e di creare un prodotto di un certa qualità autoriale avessero costretto il regista Marco Righi a seguire delle regole preordinate e tecnicamente “corrette” senza lasciare spazio alla propria ispirazione.
    Anche la sceneggiatura e i dialoghi sicuramente potevano essere curati maggiormente.
    Insomma per me un inizio non memorabile che ovviamente merita una seconda chance.

    • Cristina Bellosio scrive:

      Concordo sulla poca attenzione del regista a dialoghi e sceneggiatura….
      in effetti la tendenza ad indugiare senza ragione in alcune scene (es. scena della masturbazione) c’è….se l’intento era malizioso o voyeuristico non so….l’effetto, a mio parere, è di noia..

  3. Annafranca Geusa scrive:

    Partita con le migliori intenzioni, un po’ incuriosita dai premi ricevuti per un’opera prima, ero pronta a godermi un film semplice, magari tenero, con l’odore della campagna, dei paesaggi e della gente semplice e delle scoperte adolescenziali….invece ho travato un film che non mi ha comunicato alcuna emozione a talora anche irritante per la sua finzione.
    A parte il giovane Elia, l’unico personaggio degno di essere visto nel film, nella sua freschezza e onesta adolescenza piena di aspettative e di dubbi, il resto l’ho trovato terribilmente finto nelle interpretazioni e costruito su stereotipi nella sceneggiatura, a volte poco credibili nel loro piattume.
    La ragazza sembra uscita da uno spot di D&G, le sue pose e camminate da indossatrice su cui il regista indugia, in maniera esagerata, poco si adattano al personaggio emancipato e spigliato della “ragazza di città”, i dialoghi più vuoti che semplici, per non parlare della navigata diatriba Peppone/Don Camillo tra moglie cattolica e il marito che nasconde l’Unità mentre finge di pregare, ovviamente tutto (ri)preso molto seriamente e senza un briciolo di ironia, fino al figlio grande viaggiatore con tanto di macchina da scrivere, prototipo anni ’80 (ma forse più ’70) del giovane impegnato , anche lui particolarmente finto con la faccia e le pose da bel tenebroso, il figliol prodigo banalmente rimarcato dalla relativa parabola, per rivelarsi omosessuale al fine di aggiungere quel pizzico di facile trasgressione al film, tentativo già fatto con la lunga e inutile scena di self sex di Elia.
    Gli innesti ripetitivi di immagini delle morte di Berlinguer e i relativi commenti creano poi un qualcosa di grottesco probabilmente non voluto…oppure no?

    Per concludere ho trovato il film piatto, un po’ finto e ingenuo, come ci potrebbe anche stare in un’opera prima, ma quello che davvero mi sconcerta sono i premi ricevuti e le critiche a volte entusiaste di autorevoli personaggi.

    • Cristina Bellosio scrive:

      Finzione e falsità, grottesco ??
      Se c’è qualcosa che salverei del film è la rappresentazione del contesto storico-sociale, che mi è parsa realistica e credibile !
      Perchè tanto accanimento critico nei confronti della figura femminile del film…non mi è sembrato che l’intento registico fosse quello di mostrare sullo schermo l’emancipazione femminile, ma casomai di mettere in luce la bellezza sensuale e provocatrice di questa ragazza di città, perfetta per produrre nel ragazzo adolescente turbamenti erotici…Pensa che anch’io, negli anni ’80, d’estate indossavo gli stessi pantaloncini corti di questa ragazza…..decisamente niente a che vedere con Dolce e Gabbana ;)

      • Annafranca Geusa scrive:

        Perché accanimento? E’ la mia impressione, oltretutto, come percepito all’uscita dal cinema, abbastanza condivisa da alcuni. Fin dal primo momento le pose, la camminata da mannequin e gli sguardi da shooting li ho trovati molto finti al limite dell’irritante perché davvero mi sembrava di vedere uno spot di moda e non un film. Se questo era il modo per rappresentare la sensualità e la bellezza della ragazza, l’ho trovato troppo patinato e di troppo facile e banale resa.
        Per l’abbigliamento, ammetto che anche io ho indossato da adolescente gli stessi pantaloncini, che vanno bene anche per vendemmiare, ma di solito non è che si vendemmia col vestitino attillato ;-)

        • Annafranca Geusa scrive:

          Aggiungo che la stessa impressione, ovviamente personale, vale per l’interpretazione del fratello maggiore, pose studiate, sguardi inutilmente ammiccanti….

          • Cristina Bellosio scrive:

            In effetti la figura del fratello maggiore non ha convinto neppure me..utile per lo sviluppo della trama ma piuttosto esagerata e poco credibile…:)

  4. Davide Righini scrive:

    Doveva succedere prima o poi…il cinema Mexico, specializzato in meritorie campagne atte a dar visibilità a “chicche” cinematografiche italiane che altrimenti sarebbero tagliate fuori dalla grande distribuzione, stavolta ha toppato ! Mi scuso per il tono che magari può apparire eccessivamente perentorio di questa affermazione, però a me questo film proprio non è piaciuto. Se comparato con “Il primo incarico” che il Mexico aveva proposto l’anno scorso davvero rimango basito….Storie di formazione maschili ne abbiamo viste molte (“Mignon è partita”, “Ovosodo” tanto per rimanere sul versante italiano relativamente recente) e questa ambientata nella campagna emiliana non si discosta dal filone, anzi…dà una sensazione di già visto che si appiccica agli occhi sin dalle prime inquadrature (a proposito…tenere la cinepresa fissa “alla Haneke” non deve essere per forza obbligatorio…qualche paesaggio in più nelle colline emiliane si potevano pure vedere). La presenza dirompente che porta una giovane donna nella vita di un adolescente e le fantasie che ne derivano è un topos (qualsiasi maschietto ve lo potrà confermare); la manieristica maniera di raffigurare l’Emilia contadina pare uscire direttamente da Guareschi (Don Peppone e Don Camillo) ma senza far ridere, recitazione (tranne per il ragazzo) a livelli amatoriali, collocazione temporale precisa (1984) assolutamente gratuita se non per una nostalgia politica che personalmente non provo minimamente, il fratello “giornalista”di Linus (!) viene da Londra ed è – come da copione – fumato e omosessuale….Help ! La sagra del luogo comune ! Come immaginavamo già in sede di commento post-film, il regista ha 28 anni (beato lui) e quindi degli anni 80 ha solo sentito parlare…e si vede….Alla fine è un film fortemente localistico per oscuri motivi elevato all’attenzione nazionale…avrà anche l’attenuante dei pochi mezzi a disposizione però si può risparmiare su tutto ma non sui dialoghi please…aspettiamo fiduciosi un’opera seconda :-)

  5. Cristina Bellosio scrive:

    Una trama semplice e lineare per il film di esordio di un giovane regista emiliano, che offre allo spettatore uno spaccato genuino e credibile della vita familiare nella provincia rurale emiliana durante la metà degli anni ’80.
    Protagonista della vicenda un ragazzo di campagna che, durante i giorni della vendemmia, grazie all’incontro inaspettato con una ragazza più grande, scopre i turbamenti fisici e spirituali dell’età adolescenziale.
    Che cosa ha lasciato traccia in me di questo film ? L’autenticità, la naturalezza senza eccessi, lo sguardo semplice e profondo del protagonista Elia/Marco D’Agostin.

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