Un rapporto quasi trascendentale di due solitudini

Dopo essere stato presentato alla 60esima Semaine De La Critique di Cannes “Piccolo Corpo“, il film di debutto della giovane regista triestina Laura Samani arriva in sala ed e’ un piccolo grande film che non deve essere assolutamente perso.

 

Italia, 1900. La giovane Agata perde sua figlia alla nascita. Secondo la tradizione cattolica, l’anima della bambina è condannata al Limbo. Agata sente parlare di un luogo in montagna, dove i neonati vengono riportati in vita per un solo respiro, per battezzarli e salvare la loro anima.
Intraprende il viaggio con il corpicino di sua figlia nascosto in una scatola e incontra Lince, un ragazzo solitario che si offre di aiutarla.
Partono per un’avventura che permetterà ad entrambi di avvicinarsi al miracolo.

 

Le bravissime interpreti sono Celeste Cescutti e Ondina Quadri (che ricordiamo nell’ottimo “Arianna”).


 

Sentiamo le parole della regista su questo suo esordio:
 
“Nel 2016 scoprivo che a Trava, nel mio Friuli Venezia-Giulia, esiste un santuario dove, fino alla fine del 19° secolo, avvenivano miracoli particolari: si diceva che lì si potessero riportare in vita i bambini nati morti, per il tempo di un respiro.
Il miracolo del ritorno alla vita era necessario per battezzare i bambini, altrimenti destinati ad essere seppelliti nelle zone incolte, come si fa con i gatti. Senza battesimo non avrebbero mai avuto un nome e un’identità, la loro anima avrebbe errato eternamente nel Limbo. I santuari di questo tipo portano il nome di à répit, del respiro o della tregua, erano presenti in tutto l’arco alpino. solo la Francia ne contava quasi duecento, ed è impressionante come questi fatti siano pressoché sconosciuti, nonostante la dimensione del fenomeno.
La storia di questi miracoli si è impigliata in qualche anfratto dentro di me ed è rimasta lì a chiedere attenzione.
 
Una cosa in particolare mi aveva colpito: erano principalmente gli uomini a viaggiare verso i santuari con i piccoli corpi degli infanti. Certo, le puerpere erano allettate, ma non mi rassegnavo all’attesa impotente a cui erano costrette.
A Elisa Dondi e Marco Borromei, i coautori, che avevano deciso di proseguire con me il viaggio iniziato con La santa che dorme, la prima domanda che ho posto è stata: che ne è di questa donna nel letto? E se invece volesse andare lei stessa? Così abbiamo iniziato a scrivere, con due sole certezze: lei si chiama Agata e la pancia che indossa è una prima volta.
 
In realtà questo viaggio è un modo per prolungare quella condizione di simbiosi che Agata aveva condiviso per mesi con sua figlia, una sorta di continuazione della gravidanza, in cui il ventre si sposta metaforicamente sulla schiena, divenendo il peso che porta sulle spalle. Il suo viaggio è
fisico, ma diventa trascendentale.

Nel film Dio non è nel miracolo e nelle preghiere, né nel dogma che divide in paradiso/inferno/limbo. Dio esiste a un altro livello: in Lince che non crede a niente e così sfugge alle premesse iniziali del miracolo; in Agata che organizza la rabbia per ridisegnare i confini del possibile; nel rapporto di queste due solitudini che per un momento si fanno meno dolorose.
C’è una linea sottile che divide vita da morte, realtà da magia, le possibilità in cui abbiamo sperato e il tempo che ci è rimasto.
 
Spero che il film crei uno spazio di condivisione ulteriore, senza la presunzione di trovare risposte assolute, per abitare insieme il dubbio.”

 

E terminiamo con l’intenso trailer ufficiale !!

 


 

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