La terra e l’ombra

Non sempre, anzi diciamolo chiaramente quasi mai, un film premiato nei festival raggiunge le sale cinematografiche.
Soprattutto quando e’ un’opera senza grandi nomi, magari proveniente da qualche paese asiatico o sudamericano e che la grande distribuzione ha gia’ marchiato come “non gradito” agli spettatori italiano.

 

Per questo essere contraddetti e’ sempre piacevole ed e’ questo il caso di “Un mondo fragile“, premiato con la Camera d’Or all’ultimo festival di Cannes.


 

Il film di César Augusto Acevedo, giovanissimo regista colombiano arriva in Italia dal 24 settembre grazie alla lungimiranza di Satine Film.

 

Il titolo in spagnolo è “La Tierra y la Sombra”. La terra è quella a cui è legata disperatamente Alicia, la coraggiosa madre che non esita di sacrificare la sua vita e quella del figlio in questo legame con il proprio pezzettino di tesoro, di storia familiare, di radici. E la terra, o meglio la sua ombra,  è la stessa terra violentata dal moderno deludente sviluppo, in questo caso dalle coltivazioni invadenti di canna da zucchero che rendono gli uomini automi della produzione senza alcuna attenzione e rispetto per la natura e neppure per l’umanità e che ostacola anche quella poca solidarietà rimasta.

 

Alfonso, il padre, non sopportava questo degrado della sua terra ed è fuggito via abbandonando la famiglia, ritorna dopo diciassette anni in quel che rimane della fattoria per aiutare il figlio malato.
La moglie Alicia è rimasta lì, con tenacia e fatica, assieme al figlio e alla giovane moglie, questi ultimi dolorosamente lacerati tra il legame delle radici e la possibilità di un futuro migliore per loro e il loro bambino. Ognuno ha le proprie ragioni mentre attorno tutto è soffocante.

 

C’è una speranza in tutto questo? Il regista dice di sì…forse la speranza è nel raccontare questa storia, nella presa di coscienza di cosa sta succedendo.
La speranza è forse nel bambino che scopre, nonostante ciò che lo circonda, l’amore per la natura attraverso il passato del nonno e la sofferenza del presente e che con questo bagaglio si proietta nel futuro forse più consapevole.

 

Il film ha splendide scenografie di cieli lividi e scarna natura che resiste, raccontato con la pura semplicità che ci si può aspettare da un giovane regista, ancora libero da influenze intellettuali e che va direttamente ai sentimenti più veri e percepiti. Un film che ci parla con i rumori dei sospiri, dei pianti sommessi, dei respiri affannosi, delle canne da zucchero che vengono inesorabilmente tagliate senza nient’altro che possa distogliere l’attenzione dello spettatore dall’essenziale.
Un film duro e poetico, bello e necessario che per alcuni versi ci ha fatto pensare a “Il sale della terra” di Wenders e Salgado e al suo fragile mondo quasi perduto.

 

Ecco il trailer che speriamo possa coinvolgervi come ha fatto con noi:

 


 

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