Il meglio e il peggio del festival di Berlino

Con la premiazione finale si e’ conclusa sabato scorso la 65a edizione del Festival di Berlino.
 
Dalle mani del presidente della giuria, il regista Darren Aronofsky, e’ stato consegnato il premio piu’ ambito, l’Orso d’Oro, al film “Taxi” del regista iraniano Jafar Panahi.
E’ stato un festival molto interessante che ha presentato un buon numero di film di media-alta qualità e come sempre qualche pellicola che non si e’ mostrata all’altezza delle ambizioni che aveva all’inizio del festival.

 
Anche se come sempre il giudice finale sarà il pubblico e, in un certo ancora di piu’, anche i distributori che decideranno la vita o la morte cinematografica delle opere in concorso nelle sale italiane !!

 

Facciamo allora un veloce commento del meglio e del peggio della Berlinale.

 


 

I FILM CHE VORREMMO VEDERE NELLE NOSTRE SALE

Iniziamo ovviamente dal vincitore, premiato sicuramente per il valore artistico e come gesto anche politico, visto che il regime iraniano ha vietato a Jafar Panahi di lavorare e lo costringe agli arresti domiciliari (e per girare questo film ha infranto questo obbligo).

Taxi” e’ uno spaccato della società a Teheran attraverso le corse di un taxi. Al volante c’e’ lo stesso regista che lascia parlare, e riprendere con camere all’interno, i passeggeri mentre raccontano dei loro problemi di tutti i giorni.
L’Orso d’oro e’ stato ritirato dalla nipotina, ripresa anche nel film, che era emozionatissima: “non sono in condizione di parlare”, ha detto con voce commossa.
Fra il pubblico c’era anche la moglie del regista al quale non sono permesse dichiarazioni e interviste. Per le sue critiche al regime, Panahi è stato condannato nel 2010 a sei anni di prigione e 20 anni di divieto di lavorare e andare all’estero.

 

Da non perdere “45 Years“, di Andrew Haigh, uno dei film che maggiormente sono piaciuti a pubblico e critica.
La storia della crisi dopo 45 anni di una coppia, gli eccezionali Charlotte Rampling e Tom Courtenay, dopo il ritrovamento del corpo della ex compagna di lui, conservato per cinquant’anni dai ghiacciai delle Alpi svizzere.
Un’analisi quasi chirurgica delle psicologie e delle anime oscure di un uomo e di una donna.
Come da previsioni e meritatamente entrambi gli attori hanno vinto il premio come miglior interpretazione.

 

Sempre grandioso invece il cileno Pablo Larraín (“Post Mortem”, “No i giorni dell’arcobaleno”) che con “El Club (The Club)” dirige un nuovo ottimo film: in una casa a “La Boca” sulla costa cilena vivono una suora e quattro preti sconsacrati. Ognuno di loro ha un passato da nascondere e che l’arrivo di un quinto “recluso” farà esplodere.
E anche in questo caso meritato Orso d’argento Grande Premio della Giuria.

 

Ha convinto anche il nuovo film di Terrence Malick “Knight of Cups” anche se come sempre ci troviamo in difficoltà a descriverne i contenuti perche’ la trama e’ molto frammentata (i piu’ cattivi direbbero inesistente) e il film poggia sulle sensazioni che le immagini e le interpretazioni suscitano negli spettatori.
In Italia lo vedremo di sicuro e capiremo se Christian Bale, Cate Blanchett e Natalie Portman hanno dato un valore aggiunto alla pelliccola.

 

Grandi soddisfazioni (anche se nessun premio) invece per il cinema italiano alla Berlinale: “Vergine giurata” opera d’esordio della regista romana Laura Bispuri è piaciuto molto e anche Alba Rohrwacher ha convinto con la sua interpretazione di Hana, una donna nata tra le montagne dell’Albania del nord in una società patriarcale in cui vige il codice Kanun, basato sull’onore, la vendetta di sangue e i clan familiari.
Il film e’ notevole anche se in alcuni punti poco emozionante come se la Bispuri fosse piu’ innamorata del gusto di belle immagini piuttosto che dei sentimenti dei personaggi.

 

Pod electricheskimi oblakami (Under Electric Clouds)” di Alexey German è invece quel prodotto da festival che non facilmente potrà uscire nelle sale italiane, anche se “il piccione” di Roy Andersson e’ riuscito a ritagliarsi il proprio spazio anche a sorpresa.
Sette capitoli, ciascuno slegato dall’altro, che ripercorrono mezzo secolo di storia russa, con particolare riferimento a ciò che è accaduto successivamente alla disfatta dell’ex-Unione Sovietica.
Un mix di Tarkovskij e Fellini per citare i due riferimenti principali del regista russo e che richiederà molta pazienza da parte dello spettatore.

 

Gli altri premi del festival sono andati al film “Il bottone di madreperla” del cileno Patricio Guzman per la sceneggiatura, al film del Guatemala “Ixcanul Volcano” di Jayro Buscamante come miglior opera nuova mentre il premio per la miglior regia e’ andato a parimerito al film romeno “Aferim!” di Radu Jude, un film in bianco e nero sulla schiavitù fra gli zingari nella Valacchia nel 19/mo secolo, e al film della polacca Malgorzata Szumowska, “Body“, che parla di una ragazza anoressica con un conflitto col padre e della terapeuta che l’ha in cura.

 


 

I FILM CHE SAREBBE MEGLIO USCISSERO DIRETTAMENTE IN DVD

Al festival si ironizzava sul fatto che James Franco avesse affossato il cinema tedesco.
In effetti i due film nei quali recita l’attore americano e diretti da due grandi registi locali sono parsi molto deboli.

 

Every Thing Will Be Fine” di Wim Wenders era fuori concorso ed e’ parso a tutti molto debole come sceneggiatura e recitazione, una ricerca di un compromesso tra cinema d’autore e successo commerciale che purtroppo e’ scaduta spesso nel banale. Inoltre Wenders ha aggiunto un 3D in un film drammatico che non ha dato molto valore alla pellicola (al contrario di quello che succedeva in “Pina”).

 

Queen of the Desert” di Werner Herzog, sempre con Franco nel ruolo di Lawrence d’Arabia, e’ piaciuto in alcuni momenti, ma alla lunga non ha molto convinto la critica.
La vita di Gertrude Bell, ben tratteggiata da Nicole Kidman, e’ stata affrontata di Herzog in maniera molto tradizionale, quasi rinnegando le caratteristiche piu’ autoriali del regista di Fitzcarraldo, e finendo molte volte in un territorio di quasi mieloso romanticismo che e’ sembrato un po’ forzato.

 

Ha diviso i critici invece “Nobody Wants the Night” di Isabel Coixet. E’ piaciuto molto al critico del Corriere Paolo Mereghetti, molto meno agli altri commentatori del festival. Dal trailer sembra un melodramma un po’ lento e noioso con Juliette Binoche abbastanza ingessata. Ma lo aspettiamo, se mai arriverà nelle sale, alla prova del pubblico. Peccato perche’ la Coixet nel passato ha realizzato film molto belli (uno per tutti “La mia vita senza me”)

 

Accoglienza tiepidina anche per “Eisenstein in Guanajuato” di Peter Greenaway, visivamente eccezionale, forse un po’ condannato dalle scene di sesso esplicito omossessuale e che racconta un episodio della vita del regista russo Sergej Eisenstein (si quello della celebre corazzata…).

 

La palma del film piu’ spernacchiato va invece a “Journal d’une femme de chambre (Diary of a Chambermaid)” di Benoit Jacquot che ha ricevuto solo critiche negative anche per la non memorabile prova dell’attrice principale Léa Seydoux. Un adattamento dell’ominimo romanzo di Octave Mirbeau che perde nettamente il confronto con le precedenti versioni di Jean Renoir e di Luis Buñuel (un confronto impari).

 


 

E con tutti i film in concorso, belli o brutti, ci vediamo speriamo nelle sale cinematografiche milanesi !!

 

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