Dal vostro inviato a Venezia: il giorno dei Leoni 31/8/14

Il cielo leggermente nuvoloso promette una giornata decisamente afosa. Il vostro inviato ha in lista quattro film, di cui tre in concorso. Un tour de force, è vero, ma percorso in compagnia di amici. Prima una deliziosa frittura di pesce ci predispone per la giornata. Dopo Al Pacino, il vostro inviato spera che si abbassi il livello di divismo e si alzi la qualità dei film, peraltro fin’ora decisamente buona.

Si comincia con Belluscone, una storia siciliana di Maresco, con Tati Sanguineti (l’unico in bianco nella foto) come io narrante pricipale. Difficile definire ciò che vediamo, si ride molto, spesso al modo di “cinico tv”, ma la sensazione è che tutto ciò che vediamo, compresi i telegiornali sia reale, non fiction. E Maresco, ci dice il film è sparito. Perseguitato dai creditori e dal suo rigore che lo spinge a fare film che poi nessuno vede. E infatti al Lido non s’è visto. Grande successo di pubblico che ha applaudito più volte durante il film e a scena aperta alla fine. Al vostro inviato è rimasto un dubbio amletico: ma l’incredibile impresario Mira, esiste davvero o è una splendida invenzione? Appena si accendono le luci via di corsa in Sala Grande dove sta per cominciare il film più atteso dal Vostro Inviato “The cut” di Fathi Akin. “La sposa turca” è infatti uno dei suoi film cult.

E’ un film epico che racconta la storia del fabbro armeno Nazareth Manoogian e della sua odissea alla ricerca della famiglia dispersa. Una storia nella grande Storia del genocidio armeno, al disgregarsi dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra mondiale. E’ una megaproduzione internazionale, e forse per questo gli armeni tra di loro parlano inglese, fatto che risulta un po’ spiazzante.  O forse è legato  alla difficoltà di trovare un numero consistente di attori in grado di recitare in armeno e nelle altre lingue del film. Emozionante è il tema portante del film, i rapporti umani da uomo a uomo,  unico antidoto contro la violenza delle ideologie nazionalistiche e religiose. Sensibilità e umanità non appartengono a una religione o una nazione specifica, così come il fanatismo e la violenza sono in agguato a qualunque latitudine e qualunque sia la religione dei fanatici. Struggente la bellezza dei paesaggi, soprattutto la Mesopotamia, terra che ancora oggi è costretta a fare da testimone alla follia (dis)umana.

Nella foto Akin (a sinistra) con l’interprete principale del film Tahar Rahim.

E un tema analogo si ritrova anche nell’ultimo film visto oggi dal vostro inviato al Lido “Loin des Hommes” di David Oelhoffen. Tratto da un racconto di Camus è la storia dell’amicizia tra il franco algerino Daru, e l’algerino, Mohammed, sullo sfondo della guerra di liberazione dell’Algeria. Un’amicizia possibile ancora una volta perchè Daru e Mohammed si parlano da uomo a uomo, senza vedere nell’altro il simbolo di una nazione nemica una religione diversa, una idelogia non condivisa. La sintesi è tutta nella frase che il comandante dei guerriglieri algerini dice a Daru, suo compagno d’armi durante la seconda guerra mondiale: “ti amo come un fratello, ma se domani i compagni mi ordinano di uccederti, io ti uccido”. In altre parole, conclude il vostro inviato, le guerre ideologiche, di religione, di nazionalità, sono follie che ci costringono a uccidere i nostri amici e i nostri fratelli. Ma c’è anche di più nel film di Oelhoffen. C’è tutto lo struggimento di Camus, nato in Algeria, per una terra che lui sente come propria, ma da cui i nazionalisti algerini l’hanno cacciato. Mi ha ricordato “Il Primo uomo” di Gianni Amelio, anche grazie allla bravura di Viggo Mortensen. Eh sì, cari lettori, il vostro inviato ha lasciato per ultima questa autentica chicca: bravissimo nelle scene di guerra, Mortensen è espressivo anche nelle parti più riflessive del film. E  recita in francese, arabo e spagnolo. Chapeau.

Nel mezzo, tra questi due film che ci parlano di umanità oltre la nazionalità, il vostro inviato ha visto un

terzo splendido film “Hungry Hearts” di Saverio Costanzo. Per la seconda volta, dopo “La solitudine dei numeri Primi”, il vostro inviato è stato sorpreso dalla sottigliezza e profondità con cui Costanzo riesce a raccontare l’origine e l’evolversi del disagio psichico. Talmente sottile, che pochi sembrano coglierlo fino i fondo. Le recensioni e gli articoli che ho letto parlano della storia d’amore, ma nessuno evidenzia la violenza strisciante con cui Jude, il protagonista, impone la maternità e il conseguente matrimonio a Mina, la sua donna. Violenza che è all’origine delle ossessioni dolli di lei.  Bravissimi gli interpreti Alba Rohrwacher, che recita in inglese, e il bellissimo Adam Driver che quando si accendono le luci non è più in sala accanto ad Alba. Il fatto  provoca una ridda di ipotesi tra il vostro inviato e i suoi amici, troncate da uno sfavillante Favino che ci passa accanto sorridendoci e togliendoci letteralmente le parole di bocca.

Non poteva mancare la ciliegina finale, in fondo è o non è l’ultimo giorno di agosto? Settembre fa il suo ingresso al Lido con una “scravassata” colossale, che costringe il vostro inviato ad una corsa verso il vaporetto sotto una pioggia battente.

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