Magnifica presenza

Mercoledi’ 21 marzo “Magnifica presenza” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amici del Cinema.

Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.

 

Dati Tecnici
Regia: Ferzan Ozpetek

Con: Elio Germano, Paola Minaccioni, Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini.

Durata: 105 min

 

Trama del film

Pietro ha 28 anni, arriva a Roma dalla Sicilia con un unico grande sogno: fare l’attore. Tra un provino e l’altro sbarca il lunario sfornando cornetti tutte le notti. È un ragazzo timido, solitario e l’unica confusionaria compagnia è quella della cugina Maria, apprendista avvocato dalla vita sentimentale troppo piena. Dividono provvisoriamente lo stesso appartamento legati da un rapporto di amore e odio in una quotidianità che fa scintille. Ma arriva il giorno in cui Pietro trova, finalmente, una casa tutta per sé, un appartamento d’epoca, dotato di un fascino molto particolare, e Pietro non vede l’ora di cominciare la sua nuova esistenza da uomo libero. La felicità dura solo pochi giorni: presto cominciano ad apparire particolari inquietanti. È chiaro che qualcun altro vive insieme a lui…

 

Trailer
http://www.youtube.com/watch?v=wCT_BH1FGB0

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  1. Cristina Ruggieri scrive:

    Il senso del film a me è arrivato con l’ingresso in scena del famoso regista “Massimo”, che fino a quel punto tutti avevamo creduto essere il fidanzato, un po’ sfuggente è vero, ma comunque esistente del protagonista Pietro. E invece scopriamo che è una storia completamente costruita dalla fantasia di Pietro, a partire da un insignificante (per Massimo) episodio accaduto tre anni prima. L’empatia della scena è tutta a favore di Pietro, nonostante noi spettatori (e io in prima fila) siamo spesso dall’altra parte della barricata. Dalla parte di quelli che vivono la realtà, non la fantasia.
    Questa scena è la metafora portante del film. Che racconta di fatto la nascita di una storia di fantasia, a partire da un dettaglio insignificante e da personaggi che improvvisamente vengono in mente all’artista/creatore. La storia inventata da Pietro/Ozpeteck è quella di un gruppo di famiglia, che poi diventa un gruppo di attori. Che poi non sono solo attori ma anche spie che si sono nascoste per sfuggire alla cattura dopo una denuncia in una notte del ’43 a Roma. Via via che il film prosegue, la fantasia di Pietro/Ozpeteck si definisce meglio, i personaggi acqustano contorni, compare Livia Morosini, si scopre chi ha tradito, il quadro si completa. Il tutto senza un ordine prestabilito, perchè così è la creazione di fantasia. Le idee arrivano in modo imprevedibile. E anche l’idea inziale, la comparsa dei personaggi da che cosa è causata? Forse dal nascondiglio col soffitto basso, che in una vecchia casa romana richiama un rifugio per clandestini ebrei. Che magari era l’idea iniziale, che poi però si sviluppa, grazie alla fantasia, in un’altra direzione. Se pensiamo come non reali anche Livia Morosini, La Badessa e tutta la sua improbabile corte e, perchè no, anche il travestito, ecco che la storia si completa. E la sceneggiatura sfilacciata del film, che avete giustamente osservato non è altro che la rappresentazione del modo sfilacciato con cui lavora la mente quando costruisce una storia.
    Nel finale a teatro, la storia finalmente completa può essere rappresentata e i personaggi creati dalla fantasia di un singolo autore, diventano di tutti restituendo l’autore alla realtà. Da qui il pianto finale liberatorio (il compito è finito), ma anche di nostalgia.
    C’è molto Pirandello in questi personaggi alla ricerca della propria storia (all’inzio vogliono sapere che fine ha fatto Livia Morosini), ma anche Stephen King che nel suo libro “On writing” racconta di come i personaggi gli vengano in mente e di come lui debba soltanto lasciarli essere se stessi per raccontarne la storia. Si cita anche Almodovar (se credo ancora in me stessa come posso non credere ai tuoi personaggi), e la coppia Germano/Ozpeteck richiama anche il Mastroianni/Fellini di 8e mezzo, così come giustamente osserva Pietro Diomede la badessa richiama Kurtz/Marlon Brando. Perchè la fantasia di un artista si nutre anche delle creazioni degli altri.
    E se notate nell’altra parte del film, quella della realtà, le citazioni non ci sono, o sono meno evidenti (io non le ho trovate)
    Un’ osseravzione finale: Pietro, nonostante la sua solitudine si interessa pochissimo del vicino di casa, peraltro molto carino, sorridente, premuroso e gentile. Preferisce inseguire i suoi fantasmi. Perchè all’artista la realtà interessa meno della propria creazione fantastica.
    Inutile aggiungere che l’ho trovato un film assolutamente geniale. Per come ha deciso di raccontare il rispetto che dobbiamo alla fantasia. Che è una compagna difficle, che isola dal mondo. Per come ha rappresentato la mente creatrice, per come gioca Ozpeteck stesso tra realtà e finzione all’interno del film. Ad esempio, tutti abbiamo assunto che Livia Morosini sia un personaggio reale, perchè è del 2012. Ma chi ha deciso che le “visioni” di Pietro siano solo personaggi vestiti in abiti del 1940?
    Infine, ma non meno importante, almeno per me, questo film mi ha fatto profondamente meditare sul senso delle fantasie individuali. Cercherò di essere più indulgente nei confronti di tutte le fantasie, anche di quelle che potenzialmente mi danneggiano e che in passato ho demolito spietatamente.

  2. Elisabetta La Monica scrive:

    sarà……. ma, a me il film è piaciuto poco, a tratti l’ho trovato anche un pò noioso… cosa per me abbastanza rara!!! Forse sarà per l’incompiutezza della trama, o per quell’effimera atmosfera che si crea nel gioco delle parti fra realtà e finzione, o forse ancora per la scelta di alcune situazioni fra il grottesco ed il paradossale… ma a me questo Magnifiche Presenze ha convinto poco aldilà dell’indiscussa bravura del protagonista che ho preferito però nell’interpretazione di La nostra vita… Concludo azzardando un paragone teatrale con Favole di e con Filippo Timi per chi l’ha visto qualche mese fa… c’è finzione ed anche il gioco delle parti…. con esiti però un pò diversi!

  3. Vito Capozzo scrive:

    Il film mi ha ricordato: “Fantasmi a Roma” regia di Antonio Pietrangeli (1961) Eduardo, Mastroianni, Buazzelli, Sandra Milo.
    Il film è gradevole, anche se in certi momenti mi sembrava scopiazzasse Almodovar per via di alcuni personaggi eccentrici, stravaganti.
    Quello che mi piace di Ozpetek, è il riportare sullo schermo attori di una certa età: Massimo Girotti, Lisa Gastoni, Anna Proclemer.

  4. Stefano Chiesa scrive:

    Iniziamo per una volta dal fondo: il piano frontale di 5 minuti che conclude il film con solo il viso di Elio Germano è una prova di bravura spettacolare ed emozionante.
    L’attore romano riesce utilizzando solo la mimica facciale (e gli occhi) a trasmetterci tutto il senso di fragilità e onesta’ del proprio personaggio. Qualche critico ha scritto sublime per la sua interpretazione e io concordo pienamente.
    “Magnifica Presenza” e’ un film complemtamente diverso dai miei canoni standard, e’ sgangherato, poco rigoroso, un miscuglio di vicende poco omogenee, personaggi sopra le righe.. ma alla fine questa anomalia ti prende e tutto funziona magicamente (vedi le bellissime scene finali dei personaggi sull’autobus in giro per Roma).
    Sarà questo periodo della mia vita, ma sono ben disposto ad abbandonare i canoni della precisione per farmi conquistare dalle imperfezioni della vita reale.
    E’ lo stesso aperto fluire che guida Pietro e tutti i personaggi di questo ottimo film di Ozpetek.

    • Cristina Ruggieri scrive:

      In questo caso sono anche le imprecisioni della creazione artistica. Che non è lineare, si precisa lentamente, si nutre di idee che arrivano a caso senza programmazione.

  5. Pietro Diomede scrive:

    Parola d’ordine “Finzione” contro parola “Realtà”….
    Queste parole racchiudono il senso dell’ultima fatica di Ferzan Ozpetek che con Magnifica Presenza fa il suo film più Pirandelliano dove essere o apparire e il così è se vi pare sono il filo conduttore narrativo.
    Oltre alla meta fisicità teatrale non manca tutto il campionario del cinema di Ozpetek infatti il protagonista è Pietro un aspirante attore venuto dalla Sicilia a Roma che nel frattempo fa il pasticcere di notte (lui evidenzia che è specializzato solo in cornetti) e come tutti i film del regista è omosessuale in questo caso confuso tra la propria attitudine (“non riesco a essere gay figuriamoci eterosessuale” dice alla biscugina innamorata di lui) e l’illusione di un amore di un’ora.
    Pietro prende possesso di una bella ma fatiscente villa in zona Monteverde e fa ben presto conoscenza dei 6 + 2 inquilini in cerca d’autore la famosa compagnia “Apollonio”.
    Come nelle precedenti opere di Ozpetek, la memoria e l’esaltazione di quello che è stato il passato torna prepotente…così come è forte il presente come chiave per trovare il futuro e questo è anche un escamotage per poter rappresentare l’evoluzione della recitazione in questi anni come nella bella scena del provino di Elio Germano davanti a Daniele Luchetti (altro sagace cadeau).
    Anche in questo film ci sono tavolate per i propri amati, c’è oroscopo (il protagonista è acquario ascendente gemelli come il regista), c’è Turchia alla quale regala il momento più intenso e commovente del film, c’è tanta Roma e c’è il cameo verso una vecchia gloria della nostra recitazione. Ozpetek regala a Anna Proclemer cinque minuti di vera magnifica presenza catalizzando l’attenzione dello spettatore verso la sua performance.
    Ma come in tutti i film del regista italo-turco c’è proprio un elogio dell’attore. Ozpetek è secondo me il migliore direttore d’attori del panorama italiano e ciò lo si evince dal ruolo che regala a Elio Germano bravissimo nel rappresentare un personaggio molto fragile ma senza scadere nel ridicolo….un plauso a tutta la compagnia Apollonio capaci di restare vintage senza rimanere demodè….Però c’è un però Ozpetek è bravo a narrare tutte queste micro storie (e come regista si regala degli ottimi titoli di testa) il problema di fondo è che tutto il tessuto narrativo sia sfilacciato, che tutto parte bene e si perde strada facendo accostando storie e personaggi uno dietro l’altro senza un senso logico come si può intuire dalle amichevoli partecipazioni di Platinette (in versione Marlon Brando/Kurtz in una delle scene più incomprensibili del film) e di Alessandro Roja.
    Si può dire che Magnifica Presenza sia più un film ben realizzato che riuscito.
    Voto 6,5

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Il tessuto narrativo è sfilacciato perchè il film rappresenta il farsi di una storia nella mente di un autore (Pietro/Ozpeteck). E il farsi di una storia non è un processo lineare, logico, regolare e programmato. Anzi.

  6. Annafranca Geusa scrive:

    Anche questa volta vince la levità e il tocco magico di Opzetek nonostanta la sceneggiatura ad un certo punto ti abbandoni un pò.
    Ma i fantasmi rimangono, presenze sospese tra il reale e l’immaginario, e rimane quel senso di leggerezza e di poetico di vivere e amare con naturalezza i propri fantasmi, che alla fine ti riempiono la vita senza angosciartela, che ti danno la dolcezza di chi ti ama sorprendentente per quello che sei, che diventano gli amici che ti danno consigli, anche se un pò naif, per realizzare i sogni in cui credi solo tu, e accolgono il tuo dolore, magnifiche presenze che ti fanno paura solo all’inizio ma che poi entrano nella tua vita e non vorresti uscissero più.
    Il tocco magico di Ozpetek nelle immagini datate di cui trae tutto il fascino, perfino nello stantio, nel senso del passato che si completa e si risolve, nell’ironia lieve, nel riuscire a dare la giusta luce ai personaggi.
    Elio Germano è bellissimo e perfetto, nel suo sorriso tenero e smarrito, nel lieve senso di solitudine che riesce a rendere, e nei divertenti siparietti con la vulcanica cugina.
    E ancora una volta Ozpetek non mi ha delusa, seppur il film non sia al livello dei miei preferiti.

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Concordo su tutto, eccetto l’ultima riga. Per me è geniale. Per la rappresentazione dell’artista che ama i suoi personaggi per le ragioni che hai così bene descritto, ma allo stesso tempo, a causa loro, non riesce a vivere la reatà e si ritrova isolato dal mondo.

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