Paradiso Amaro

Mercoledi’ 22 febbraio gli Amici del Cinema sono andati a vedere Paradiso Amaro, uno dei film candidati agli Oscar 2012.

Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.

 

Dati Tecnici

Regia: Alexander Payne
Con: George Clooney, Shailene Woodley, Amara Miller e Nick Krause.
Durata: 115 min

Trama del film

Matt King si è comportato sempre in modo distaccato con la sua famiglia, ma quando la moglie rimane vittima di un incidente in barca nel mare di Waikiki si riavvicina alle due figlie e comincia a riconsiderare il suo passato e a valutare un nuovo futuro.

Trailer

http://www.mymovies.it/film/2011/thedescendants/trailer/

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  1. Stefano Chiesa scrive:

    George Clooney con i suoi capelli sconvolti e il suo spirito senza punti di riferimento mi ha conquistato una volta di piu’ e la sua ottima interpretazione e’ solo la punta di eccellenza di un cast davvero azzeccato (c’e’ perfino un Matthew Lillard ingrassatissimo rispetto a “Scream” nella parte dell’amante della moglie).
    Alexander Payne non sarà certo un genio della settimana arte, ma e’ un regista capace di creare film delicati e soprattutto coinvolgenti, con la sua capacità di alternare riprese che entrano nell’anima dei personaggi e momenti di introspezione psicologica (anche se in questo film a volte “alleggeriti” da troppa musica banale).
    La sceneggiatura delinea bene questo viaggio di formazione familiare, alla ricerca dell’amante della moglie, ma in realtà alla ricerca dell’unità familiare perduta (e che nell’ultima scena viene ricomposta).
    Una persona come Matt King che non ha mai avuto tempo in tutta la sua vita (d’effetto il confronto con il cugino che dice piu’ o meno “ho tutto il tempo che serve”), sempre di fretta, sempre impegnata in altro, e’ costretto a trovarne e a viverlo con i propri figli.
    E la figura della moglie morente diventa il catalizzatore attraverso il quale ognuno dei personaggi si sente libero di poter esprimere (davanti a lei) tutti i propri sentimenti con una sincerità che forse non ha mai trovato in tutta la sua vita.
    Specialmente in un posto come le Hawaii dove quel clima cosi’ rilassato cosi’ “friendly” nasconde a volte una grande povertà relazionale.

  2. Cristina Ruggieri scrive:

    Cosa accade a un uomo che vive senza essere in contatto con la propria anima nel momento in cui perde la donna della sua vita? Ed è costretto, quest’anima, a ritrovarla? Payne ce l’aveva già raccontato in A proposito di Schmidt e adesso ce lo ripropone in questo Paradiso Amaro. Ma mentre Jack Nicholson mi aveva teneramente conquistato con le sue inettutudini e dipendenze, George Clooney, che pure è tra i miei attori preferiti, non è riuscito a farmi entrare nei panni di Matt King. Forse perchè c’è troppa realtà in questo film. Al punto che tutto è previsto e prevedibile, nonstante i momenti ironici, gli stupendi paesaggi hawaiani, la profondità dei personaggi. Più che un film sembra la puntata di uno sceneggiato televisivo, che avrebbe bisogno di un guizzo di intelligenza per uscire dal pantano dell’ovvietà.

  3. Roberta Ottavianelli scrive:

    Davvero un bel film, intenso, malinconico, disorientato, asciutto di dolore, la natura che consola, tutti hanno i loro torti e le loro ragioni, la complessità dei rapporti umani.
    “Addio mio amore, mia amica, mia pena, mia gioia”.
    Troppo reale? Forse, ma la maggior parte di noi ha più amici su FB che non nella vita reale (nessuna polemica, solo un dato di fatto).

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Roberta, citi l’unica frase bella del film. “Addio mio amore, mia amica, mia pena, mia gioia”. Ma è Shakespeare, da Romeo e Giulietta. L’inizio dell’addio di Gulietta a Romeo.

  4. Vito Capozzo scrive:

    Il film mi è piaciuto, forse anche perché sono reduce anche io da un lutto in famiglia, ho rivissuto alcune scene in cui George Clooney parla con la moglie morente, istintivamente vorrebbe che si risvegliasse, ritornasse ala vita normale, ha capito che è stato un marito e padre assente. Questa situazione gli fa prendere coscienza che ci sono al mondo cose più importanti al mondo e incomincia a occuparsi di più delle figlie, capisce poi che che lì in quelle isole da sogno sono solo ospiti e non possono snaturarle con Centri Commerciali, campi da golf, ecc.. Hai ragione Annafranca, la ricerca dell’amante è per conoscere meglio sua moglie, per capire dove ha mancato.

  5. Caterina Landolfa scrive:

    Non mi è piaciuto: l’ho trovato scontato, banale…coi soliti stereotipi “americani”….
    unico aspetto interessante: la gioventù che a contatto col dolore profondo matura, cresce e capisce l’importanza dell’amore e della figura del genitore.

  6. Pietro Diomede scrive:

    Matt King è un avvocato di successo, vive e lavora nelle Hawaii..il paradiso del titolo.
    Ma fin dal monologo di apertura il protagonista fa capire che anche quel paradiso è amaro….che anche in quel paradiso ci si ammala, si soffre e si hanno problemi come qualsiasi parte del mondo e nonostante viva circondato dal mare non tocca la tavola da surf da 8 anni.
    Matt King deve affrontare due grandissimi problemi: la futura morte della moglie in stato vegetativo dopo un incidente di motoscafo e la vendita di uno strategico pezzo di terra di proprietà di un trust di cugini….i discendenti di una regina hawaiana che da il titolo originale del film.
    Presentato in questo modo Paradiso Amaro può sembrare un Voglia di tenerezza scritto dai Maya…invece Alexander Payne da ottimo sceneggiatore che è (oltre che apprezzato regista) scrive una storia coinvolgente che dietro una situazione tragica nasconde sempre un sorriso liberatorio con battute e personaggi azzeccati.
    Pur mantenendo il solito timbro di fabbrica ossia un viaggio come metafora di una ricerca interiore (già usato in maniera convincente in Sideways e A proposito di Schmidt) Payne segue il percorso del protagonista con mano quasi invisibile. L’incidente della moglie costringe Matt King da genitore di riserva a genitore titolare confrontandosi con universo fino allora sconosciuto come le sue figlie e l’evolversi della storia lo metterà davanti all’amara verità di un tradimento e di conseguenza il rimettersi in questione sia come padre che come marito.
    I due punti di forza del film sono l’ambientazione alle Hawaii che dietro le immagini da cartolina nascondono avidità, problemi familiari e crisi adolescenziali e la superlativa prova di George Clooney.
    La cosa che risalta nella sua interpretazione è la normalità e la conseguente veridicità del suo personaggio….la sua è un’interpretazione di sottrazione….poteva calcare la mano con faccette buffe ed espressioni drammatiche (la storia gliele forniva a quantità) invece rimane sempre se stesso per tutto il film come lo si può notare nel primo incontro con il fidanzato della figlia confrontandolo con la scena dell’addio finale alla moglie. Il tutto coadiuvato da un gruppo di caratteristi i gran forma come Robert Foster e Beau Bridges.
    E alla fine nonostante tutto Paradiso Amaro evidenzia quelle piccole cose che fanno una famiglia unita come si evince dal bellissimo e delicato finale.
    Voto 7,5 e se non danno l’oscar a George Clooney si può parlare di Oscaropoli..

  7. Annafranca Geusa scrive:

    Un marito probabilmente poco presente e un pò debole, che promette alla moglie in coma di migliorare perché si sorprende che la moglie, dinamica, libera e forte abbia un amante? Perché questa notizia gli giunge come uno schiaffo tale da imbastirci su un film? Però la scusa per mostrare il tentativo di recuperare sé stesso e le sue figlie alla fine regge e il film diventa con successo l’intima risalita di un uomo quasi “inutile”. La ricerca dell’amante mi ricorda il bel film di Faenza “L’amante perduto” (film non molto conosciuto, tratto dal libro di Yehoshua) dove la ricerca dell’amante scomparso è un tentativo per conoscere meglio quella donna sconosciuta al proprio fianco da anni e rimediare all’incapacità di non averla compresa. George Clooney è bravo e forse l’Oscar ci starebbe. Al film un pò meno. Il Paradiso delle Hawaii mi ha sorpresa per la “mollezza” che emana, per questa natura umida e luminosa accostata alla rilassatezza molto americana. Amaro meno nel finale, la coperta di una madre assente ricuce tutto e tutto fa ben sperare, nell’uomo ritrovato e nelle figlie recuperate!

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