This Must Be the Place

Mercoledi’ 19 ottobre “This Must Be the Place” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amici del Cinema. Abbiamo raccolto i commenti di chi ha visto il film quella sera.

Cristina
“Ho visto “This must be the place”, e non mi è piaciuto, ho trovato deludente la recitazione di Penn, talmente teatrale e sopra le righe da sembrare un dilettante, forse colpa della regia? Chissà? Assomigliava a Ozzy Osbourne nei suoi momenti peggiori.
La storia è sicuramente interessante, grandi attori oscurati da modalità di recitazione sbilanciate.
Bellissima la fotografia e meravigliosa la musica!!!”

Annafranca
“A mio avviso l’interpretazione di Sean Penn è grandiosa, e non avendolo amato in passato un granchè, direi proprio che mi ha fatto cambiare idea su di lui e poi la fotografia, le riprese, le immagini, i personaggi d’intorno, le conversazioni, le ambientazioni sono davvero molto belle, ammalianti.”

Francesca
“Io penso che sia molto difficile rendere credibile sul grande schermo un personaggio cosi’ particolare…il rischio e’ sempre quello di eccedere e cadere nel grottesco…penn secondo me e’ stato in grado di dargli la giusta intensità ….!”

Alice
“A me è piaciuto molto e ho trovato la recitazione di Penn grandiosa. Teatrale si ,ma teatrale- drammatico era il personaggio interpretato. Un personaggio che non riesce a fare i conti con una realtà ed una condizione mutata e che rimane ancorato ad un immagine adolescenziale di se stesso, i famosi 15 anni di quando ha interrotto il rapporto con il padre”

Marta
“Uno dei momenti più belli del film è quando il nazista rivela a Cheyenne la ragione dell’accanimento verso di lui da parte del padre, e cioè un’umiliazione (e non una violenza) subita nel campo di concentramento. A quel punto è come se Cheyenne ne cogliesse l’umanità e la fragilità. E’ questo, secondo me, che lo fa riconciliare col padre, che fino ad allora gli era apparso duro e insensibile, e quindi “inaccettabile”"

Stefania
“Mi aspettavo una colonna sonora grandiosa e cosi non è stato ma Sorrentino ci aveva abituato fin troppo bene con la sua cultura musicale immensa e versatile; interessante la fotografia e la regia. Il personaggio di Peter Pan/Sean Penn dalla voce e dalla flemma è insopportabile, cmq era la parte che doveva interpretare e ci è riuscito bene, ritmo altalenante, il film ha momenti di caduta di tono…altri tonici e vitali….”

Davide
“Secondo me questo è un tipico film in cui sono ad altissimi livelli la regia (e la fotografia) e la recitazione ( Penn evidentemente in questa fase della sua vita si sta togliendo delle belle soddisfazioni con film non propriamente “di cassetta”) mentre la sceneggiatura ha dei limiti (o se vogliamo vederla benevolmente, viene lasciata alla nostra intuizione); la mia impressione è che poteva essere un capolavoro (come, a mio avviso è Il Divo) ma si è fermato un gradino sotto. P.S. il cacciatore di nazisti è il padre di religione ebraica dei fratelli Eeps in “Numbers”..Sorrentino è andato sul sicuro anche sui comprimari..sinonimo di grande attenzione nella scelta del cast!”

Marcello
“Concordo con le osservazioni di Davide, anch’io durante la visione sono rimasto un po’ interdetto dalla sceneggiatura, mentre ho trovato stupende regia e recitazione di Sean Penn (e il suo personaggio in generale). A posteriori però le perplessità sulla sceneggiatura tendono a essere dimenticate, mentre il resto rimane – il film mi piace più ora che subito dopo la visione :)

 

 

Omer
“Erano anni che non uscivo così entusiasta da un cinema. I motivi sono talmente tanti che farò fatica a descriverli tutti anche dopo quattro giorni che ne discuto.
Il film ti cattura subito, ti assorbe con il suo ritmo volutamente moderato, non si può dire lento, ma è decisamente un suo tempo a cui non puoi che adattarti. Un ritmo scandito dalle parole, ma soprattutto dalle immagini e dalla scelta delle riprese. Fin dall’inizio, da quando ti trovi a scegliere se stare nel passato di Cheyenne o nel futuro dello stadio di Dublino. Il tempo di condiziona, il suo stare (e qui bisognerebbe dilungarsi sul significato teatrale di stare) in questo spazio ti cattura e ti assorbe. Da li in avanti non puoi che farti cullare dalla poesia dell’eterno fanciullo. Un ritmo che ti consente di afferrare tutti i dettagli ed i riferimenti (e ce ne sono veramente tanti). Se Cheyenne avesse realmente quindici anni lo catalogheremmo come un film di formazione, vedere il passaggio dall’adolescenza alla maturità in un uomo di cinquant’anni ha un effetto decisamente straniante ed colmo di significati. Ma torniamo alle immagini. La scena dove canta David Byrne è da manuale del cinema. Il piano sequenza che lentamente si allarga mentre la donna seduta scandisce il tempo, che inizia a ruotare per introdurre l’immagine del complesso trasformando la prima in uno sfondo e poi le integra riportando lo sfondo in primo piano con i musicisti che si inchinano è di una perfezione assoluta. E’ poesia per immagini. Le espressioni di Sean Penn quando parla con David Byrne e gli racconta come lui non si ritiene un’artista. La scena a casa della moglie del nazista, una casa di bambole, persino il gatto finto in braccio a Cheyenne, una serie di particolari che arrivano quasi a stordirti. E si potrebbe continuare, l’indiano che prende un passaggio, l’uomo coi baffi sul camioncino, piccoli frammenti come quando nelle strade di New York vediamo un ebreo con la sua tipica capigliatura ed il suo cappello nero e dietro, un po’ più sfuocato, Cheyenne che ripreso in quel modo finisce per assomigliargli e per creare quasi un legame con le sue origini.
Un film in cui il dialogo è solo la trama con cui le immagini descrivono il racconto, se il film fosse muto probabilmente sarebbe ugualmente piacevole. Una regia decisamente impeccabile.”

Rosaria
“Condividio in pieno l’entusiasmo di Omer Loncours . Ci sono vari modi per comunicare e Sorrentino questa volta ha scelto le immagini: il ritmo con cui si susseguivano costituiscono di per se stesse un “discorso” lungo l’intero film…i dialoghi erano misurati perchè bastava uno sguardo, un contrasto di figure, un nuovo personaggio curioso al momento giusto, la scelta dei colori da mettere in risalto…per far risaltare lo stato d’animo di Cheyenne! A mio parere la grandiosità di un attore si misura anche dal saper emozionare nonostante un copione smilzo…mi sa che lo rivedrò ancora!!!”

Carla
“Secondo me il film ha un doppio finale che si esplicita proprio nell’ultima scena: Sean Penn che e’ diventato adulto ormai, e non ha piu’ bisogno di mascherarsi, si immagina che recuperi una dimensione filiare seppure con chi non e’ propriamente ne’ suopadre ne’ sua madre ma che comunque anela a ritrovare un figlio perduto forse per sempre.
Poeticamente amara la fine che fa il Nazista molto piu’ feroce di una piu’ violenta vendetta che sarebbe stata banale. Bellissima la simbologia: il trolley che sembra contenereil peso di una vita non vissuta interamente ma al tempo stesso sostegno di un instabile andatura…grande Sorrentino. Speriamo che gli diano l’Oscar.”

 

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