Leonora Addio:  Lo sguardo di Taviani su Pirandello e sull’inspiegabile evanescenza della vita

Purtroppo Vittorio ci ha lasciato nel 2018 e cosi’ a Berlino, sul luogo di una delle loro piu’ importanti affermazioni, quest’anno ci sarà solo Paolo che porta in concorso il nuovo film “Leonora addio” che arriva adesso nelle sale italiane.

 

Il film racconta la rocambolesca avventura delle ceneri di Pirandello e il movimentato viaggio dell’urna da Roma ad Agrigento, fino alla tribolata sepoltura avvenuta dopo quindici anni dalla morte. E a chiudere il film, l’ultimo racconto di Pirandello scritto venti giorni prima di morire: “Il chiodo” dove il giovane Bastianeddu, strappato in Sicilia dalle braccia della madre e costretto a seguire il padre al di là dell’oceano, non riesce a sanare la ferita che lo spinge a un gesto insensato.

 

Con Fabrizio Ferracane, Massimo Popolizio, Nathalie Rapti Gomez, Sinne Mutsaers e Claudio Bigagli.


 

Sentiamo la recensione di Samuele Golino che ha visto in anteprima per noi quest’attesa pellicola:
 
Unico titolo italiano alla 72esima edizione del Festival di Berlino, Loenora Addio sancisce il ritorno del regista Paolo Taviani sugli schermi della Berlinale, dopo i dieci anni dall’Orso d’Oro vinto con Cesare Deve Morire.

Primo film diretto senza il fratello, venuto a mancare nel 2018, l’opera di Taviani – forse non a caso – si pone come riflessione sul senso della vita e della morte, ma anche come ennesima dichiarazione d’amore all’arte cinematografica. Come di consueto nella sua filmografia, l’espediente da cui sboccia il racconto e il discorso filmico è quello del riferimento letterario. in questo caso, si tratta delle rocambolesche peripezie delle ceneri di Luigi Pirandello da Roma ad Agrigento e la trasposizione cinematografica del racconto Il Chiodo, che il celebre scrittore e drammaturgo scrisse pochi giorni prima di morire.

 

Dal carattere fortemente poliedrico, la pellicola non tema mischiare continuamente elementi diegetici e extradiegetici di diversa natura mediante un sapiente bilanciamento e riuscendo a conferire un carattere vario e dalle molteplici sfumature alla narrazione. Il racconto si staglia inizialmente su un bianco e nero talvolta quasi citazionale, talvolta evocativo e proprio dell’autore, per poi traslare al colore in alcuni passaggi e trasformarsi completamente in questa scelta cromatica nell’ultima parte del film. Si ha un uso quasi lirico dell’immagine, con una spiccata attenzione a suggestive composizioni ed equilibri tra ombra e luce, a cui viene data una certa valenza simbolica: non è a caso che il film comincia con un movimento di macchina all’indietro dalla luce di una lampadina, e termina con ferma immagine sulle luci di un teatro.
 
Nel suo incipit la narrazione vede una focalizzazione interna al personaggio di Pirandello, in cui lo spettatore ha la sua prospettiva. Poi però questa muta con un passaggio semantico e simbolico, che avviene proprio nel momento della sua cremazione. E’ come se con il tramutarsi in cenere del personaggio, anche la nostra visione delle cose si polverizza insieme a lui e diventa così esterna. Ora possiamo solo vedere come il suo essere è percepito. Per alcuni come la sacra urna di un grande uomo, per altri un semplice cumulo di cenere rinchiuso in una cassa di legno su cui giocare a carte.
Si intersecano anche gli approcci narrativi ora drammatici, ora comici delle vicende, che sembrano restituire con un esito metanarrativo proprio la tipica poetica pirandelliana, del paradosso incolmabile dell’esistenza, del ridicolo scivolano nell’assurdo.
Taviani con Leonora Addio sembra portare avanti un vero e proprio discorso sulla vita e sulla morte, richiamando più volte tra le altre cose, i temi della vecchiaia e della giovinezza. L’apice di queste tematiche coincide con la resa di quell’ “assurdo” che prima si citava, mediante la scena in cui le ceneri vengono trasportate nella bara di un bambino. L’assurdità della vita, la sua ineluttabile natura priva di significato che incombe gravosamente sulla nostra necessità di conferirgliene uno, sono l’essenza dell’eterno paradosso esistenziale.

 

Lo stesso paradosso che si genera dal fatidico contrasto tra casualità e causalità, che rappresenta il fulcro su cui poggia l’opera del regista e quella di Pirandello. Questo rapporto tra le nostre intenzioni e l’inevitabile interferenza del fato, si manifesta qui con sballottamento sotto gli occhi di tutto delle ceneri di un uomo che voleva morire in silenzio, e si concretizzano in una vera e propria allegoria nella restituzione del racconto “Il chiodo” che concerne l’ultima parte del film.
La novella in questione narra di un fatto di cronaca: l’omicidio compiuto da un ragazzo siciliano emigrato oltreoceano. Il giovane, di nome Bastianeddu, parte per gli Stati Uniti con il padre, che senza preavviso lo strappa all’ultimo momento dalle braccia della moglie e qui compirà il terribile atto. Un evento incomprensibile ed inesplicabile anche ai suoi occhi, da quello che emerge dall’interrogatorio che effettuerà con la polizia. Bastianeddu, infatti, trova per caso un chiodo per strada, in un gesto come un altro. Subito dopo però, incontra due bambine che si malmenano e senza alcun motivo apparente decide di intromettersi, trafiggendone una con quello stesso chiodo.

 

La piccola rimane uccisa sul sul colpo. Una confusione sovrasta e grava sulle scene, trasuda dalle immagini di Taviani durante l’azzuffamento delle due fanciulle. Si palesa una violenza straniante, inspiegabile ,che oscilla tra l’innocenza del gioco infantile e il cruento. E poi il gesto di Bastianeddu, ancora più incomprensibile. Ed è proprio qui che sta l’allegoria alla base del messaggio della novella e della pellicola: Nell’affanno frenetico del susseguirsi degli eventi della nostra vita, per quanto fugaci o ricolmi dell’importanza che vogliamo dargli, il fato giungerà lì stravolgerli di volta in volta, colpevole ed innocente allo stesso tempo, in qualsiasi caso enigmatico.

 

E finiamo con il trailer ufficiale !!

 


 

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