Il ricordo di un mondo che e’ cambiato inesorabilmente

In Francia “Nel nome della terra” e’ stato uno dei film piu’ apprezzati dell’anno anche perche’ parla di un problema nel quale molti francesi, soprattutto quelli delle provincie piu’ rurali, si sono potuti riconoscere e hanno apprezzato che si parlasse della loro vita e dei loro problemi.

 

Pierre ha 25 anni quando torna dal Wyoming per trovare Claire, la sua fidanzata e assumere la fattoria di famiglia. Venti anni dopo, la fattoria si espande, così come la famiglia. È il momento dei giorni felici, almeno all’inizio. Poi i debiti si accumulano e Pierre è esausto al lavoro. Nonostante l’amore di sua moglie e dei suoi figli, sta lentamente cadendo.

 

Con il bravissimo Guillaume Canet e poi Veerle Baetens, Anthony Bajon, Rufus, Samir Guesmi, Yona Kervern.


 

Lasciamo voce a Cristina Guglielmini che ha visto per Amicinema questo film:
 
“Nel Nome della Terra, il film diretto da Edouard Bergeon, segue la storia di Pierre Jarjeau (Guillaume Canet), che venticinquenne torna in Francia dal Wyoming, per riabbracciare la sua fidanzata Claire (Veerle Baetens) e prendere in gestione la fattoria di famiglia.
Passa il tempo e 20 anni dopo, grazie al duro e intenso lavoro di Pierre, la fattoria è diventata più grande, cosi’ come la famiglia con vive tanti momenti felici
Fino a quando, nonostante la profonda unione della famiglia e i sacrifici, il lavoro di Pierre inizia ad avere problemi e i debiti iniziano ad accumularsi. Andare avanti diventa sempre più difficile. Pierre lentamente sarà inghiottito dalla situazione ormai ingestibile e senza via uscita
 
Il regista nel suo primo lungometraggio prende ispirazione dalla sua storia personale e dal ricordo del padre e dal dramma simile vissuto dalla sua famiglia.
Questo film, che ha ottenuto 3 candidature ai César, è un atto di amore e di denuncia verso un sistema che ad iniziare dagli anni novanta sta stritolando l’economia agricola in Francia, costringendo i contadini di un tempo a diventare imprenditori e a trasformare il loro lavoro in forme nuove sempre più intensive di coltivazione e allevamento ma con debiti crescenti ed insostenibili.
Un mondo che viene ricordato con nostalgia, grazie anche ai magnifici ed epici paesaggi della fotografia, formato scope, di Eric Dumont: il susseguirsi delle stagioni con distese assolate e dorate di grano, colline di un verde acceso a perdita d’occhio, la terra brulla appena arata, i terreni innevati e il profilo degli alberi scheletrici.
Si assiste al declino lento ma inesorabile dell’uomo distrutto dai suoi fallimenti e da se stesso , nonostante l’amore della moglie e dei due figli.
Conflittuale, invece, il rapporto duro col padre, un contadino d’altri tempi, rigoroso e difensore di vecchi valori che non comprende il figlio, non ne condivide le scelte, non aiuta e giudica con frasi e atteggiamenti inesorabili e duri.
Anche qui l’autore e regista ha ricordato l’autorevolezza di suo nonno, il distacco generazionale e l’incomunicabilità tra due visioni della vita e del lavoro .
 
Lo stesso Edouard Bergeon ha detto che Pierre è direttamente ispirato a suo padre e alla sua esperienza di agricoltore.
E che lui e’ figlio di una lunga stirpe di contadini sia da parte di madre che di padre e che con sua sorella viveva felici nella fattoria fino a quando tutto è cambiato perché cambiava inesorabilmente il mondo agricolo.”

 

Finale con il commovente trailer ufficiale !!

 


 

Questa voce e' stata pubblicata in Di tutto un po' e contrassegnata con , .

Lascia un Commento