Nessuno e’ innocente e tutti sono vittime

Qualche giorno fa nell’annuale serata degli Oscar “Parasite” ha vinto il premio come miglior film dell’anno stabilendo anche un record come primo film non in lingua inglese a vincere questo riconoscimento. Oltre a vincere come miglior film straniero.
 
Proprio per questo adesso e’ ritornato nelle nostre sale per i nuovi spettatori e Academy Two fa uscire anche il suo secondo film, “Memorie di un assassino – Memories of Murder“, finora inedito in Italia.

 

In un piccolo villaggio, nel 1986, viene trovata una giovane donna brutalmente assassinata. Due mesi dopo, un crimine molto simile, attira l’attenzione dell’opinione pubblica. Lo spettro di un assassino seriale fa sprofondare l’intera regione nel terrore. Due poliziotti locali, tanto brutali quanto impreparati, indagano con mezzi poco ortodossi sugli omicidi. Si unirà a loro un terzo detective, in arrivo direttamente da Seul. Penserà di poter risolvere il caso ma, fra errori e false piste, verrà trascinato negli abissi di un’indagine senza apparente risoluzione.

 

Nel cast i poco noti (da noi) Song Kang-ho, Sang-kyung Kim, Roe-ha Kim e Song Jae-ho.


 

Anna Baisi ha visto in anteprima questo film e allora diamo spazio alle sue parole:
 
“L’incipit del film recita: basato su una storia vera accaduta sotto la dittatura militare e mi riferisco a quello di “Memorie di un assassino” di BONG Joon-ho, un “thriller-rurale” che da noi non è mai arrivato nelle sale cinematografiche nonostante il successo internazionale ma che è stato “riesumato” dopo ben diciassette anni sulla scia della Palma d’Oro vinta a Cannes dall’ultima opera del regista, Parasite e per le candidature agli Oscar che oggi sappiamo non essere più tali perché il film ha letteralmente trionfato alla novantaduesima edizione della kermesse di Los Angeles.
 
Nelle campagne del Gyeonggi, in un villaggio vicino a Seul, fra il 1986 ed il 1991, dieci donne vennero stuprate e uccise e altro ancora nel raggio di due chilometri, da quello che si rivelò il primo serial killer coreano che agiva con estrema freddezza scegliendo vittime a caso e di ogni età e non lasciava nessun indizio tranne in un caso dove tracce di sperma permisero un test del DNA: oggi pratica banale ma all’epoca i campioni venivano spediti ai laboratori dei lontanissimi Stati Uniti e quindi bisognava poi attendere (im)pazientemente i risultati.
All’epoca il Paese non era certo pronto per affrontare i crimini seriali fino a quel momento conosciuti solo nei telefilm o nei notiziari occidentali.
La polizia locale, che non indossava certo giacche in pelle stile FBI ma abiti comuni se non addirittura sdrucite canottiere non era in grado di svolgere indagini capillari ma si basava sull’intuizione personale spesso fallace o creando un capro espiatorio o con false prove impunemente fabbricate per l’occasione o sulla violenza con cui si estorcevano false confessioni a innocenti (“L’Infernale Quinlan” docet) da dare in pasto all’opinione pubblica.
Agenti spesso ubriachi, coinvolti in risse in luride trattorie e che non sapevano riconoscere criminali da testimoni, come il ragazzo sfregiato e handicappato che si ritrova in cima alla loro probabile lista di assassini ma che in realtà seguiva una delle vittime perché aveva una cotta per lei e che però poteva avere visto il vero assassino o che si rivolgevano addirittura ad una veggente o si affidavano alla collocazione, vicino alle scene dei delitti, di spaventapasseri con la scritta “Confessa o marcirai all’inferno” pur di trovare l’imprendibile assassino: il tutto reso in una miscela di tensione e comicità.
 
I due poliziotti locali assegnati al caso erano il detective PARK Doo-man (il grande SONG Kang-ho) che si vantava di possedere doti sciamaniche poiché affermava che con un solo sguardo ad un sospettato riusciva e capire se fosse colpevole o innocente: un’abilità che venne smentita più e più volte e il suo partner volubile, irascibile e violento CHO Young-koo (KIM Roi-ha) letteralmente sopraffatti dalla gravità dei crimini e incerti su come procedere.
In aiuto arriva il detective SEO Tae-yoon (KIM Sang-kyung) agente capo della polizia di Seoul che agisce in modo più scientifico: scartabella nei documenti, confronta gli indizi, valuta le coincidenze temporali.
Da non sottovalutare l’unica agente donna KWON Kwi-ok (KOH Seo-hee) relegata a preparare il caffè ma con un fiuto infallibile intuisce ascoltando la radio un indizio cruciale per le indagini.
Un uomo ha richiesto sempre ad una stazione radio FM la stessa canzone non molto popolare anzi rara “Lettera triste” e chiede che venga trasmessa nelle sere dei giorni di pioggia: la canzone è stata trasmessa nelle stesse date degli omicidi.
Durante le indagini vennero interrogati tremila sospettati, parteciparono trecentomila agenti, nessuno fu arrestato.
 
La valenza politica del film è data dall’ambiente e, soprattutto da un’epoca, quella a metà tra regime e democrazia che il regista ha ricreato attraverso una meticolosa ricerca sul campo per individuare le (poche) zone agricole rimaste intatte, inserendo gli allarmi anti-bomba, i blackout, le prove di evacuazione dalle scuole, le parate con i coriandoli, legate alla rivolta democratica del giugno 1986, in cui le proteste hanno costretto a nuove elezioni e riforme democratiche.
Nella scena più sorprendente e straziante del film, vediamo un omicidio commesso in una foresta mentre, sullo sfondo, le luci delle case vicine si spengono una per una, procurando un’oscurità senza speranza.
È come se una nazione nella paura stesse voltando le spalle a coloro che sono più vulnerabili: in un mondo autoritario nessuno è innocente e tutti sono vittime.
Il finale è inquietante e mostra che il trauma è ancora lì, il ricordo è molto vivido e gli assassini erano solo persone “normali” intorno a noi…
 
Il film è uno sguardo all’indietro, verso una realtà scomparsa e dopo le prime libere elezioni la Corea ha iniziato il lento e faticoso percorso verso l’attuale e comunque illusoria “modernità” per approdare nello squallore urbano (e contemporaneo) mostrato in Parasite.
In un’intervista a BONG Joon-Ho alla domanda Cosa le preme comunicare con questo film? Ha risposto “Il ricordo dell’omicidio; per i detective, il ricordo della frustrazione di non poter catturare l’assassino; per le persone vicine alle vittime, il ricordo da incubo di perdere le persone amate; per le persone che hanno attraversato quel periodo, il ricordo di come abbiamo vissuto; quel caso triste e ridicolo insieme, il ricordo di quel caso…”
 
… “Dedichiamo questo film agli investigatori che alla fine hanno dovuto riconoscere un’amara sconfitta.
Dedichiamo questo film alle dieci donne che, se non fosse stato per quelle oscure notti infernali, si troverebbero ancora a passeggiare per le strade di campagna sotto il sole splendente.
E infine a te, che non hai un volto…
Chi sei tu?
Dove sei adesso?
Ti ricordi delle donne che hai ucciso?
Sei felice?
Agosto 2002 BONG Joon-ho”.”

 

Vi ricordiamo che vedremo questo film mercoledi’ 19 febbraio nella terza uscita infrasettimanale del mese di Amicinema !

 

Finale come da buona abitudine con il trailer ufficiale !!

 


 

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