Caccia al tesoro nel mondo virtuale

E’ ancora nelle sale il suo bellissimo “The post” che Steven Spielberg ha gia’ terminato il suo successivo film.
 
Il regista di Cincinnati era in Italia settimana scorsa (lo avete visto forse alla cerimonia di premiazione dei David di Donatello) per la promozione di “Ready Player One” un’avventura di fantascienza , tratta dall’omonimo best seller di Ernest Cline, divenuto un fenomeno di portata mondiale.

 

Nel 2045, anno in cui il mondo sta per collassare sull’orlo del caos, le persone hanno trovato la salvezza nell’OASIS, un enorme universo di realtà virtuale creato dal brillante ed eccentrico James Halliday (Mark Rylance).
A seguito della morte di Halliday, la sua immensa fortuna andrà in dote a colui che per primo troverà un Easter egg nascosto da qualche parte all’interno dell’OASIS, dando il via ad una gara che coinvolgerà il mondo intero. Quando un improbabile giovane eroe di nome Wade Watts (Tye Sheridan) deciderà di prendere parte alla gara, verrà coinvolto in una vertiginosa caccia al tesoro in questo fantastico universo fatto di misteri, scoperte sensazionali e pericoli.


 

Nel cast Tye Sheridan (“The Tree of Life”, “X-Men: Apocalisse”), Olivia Cooke, Ben Mendelsohn, T.J. Miller, Simon Pegg e il fidato Mark Rylance.

 

Spielberg era appunto in Italia settimana scorsa e allora ecco un lungo estratto dalla conferenza stampa romana:
 
“I personaggi del mio film nel mondo reale non si erano mai incontrati, mentre in quello virtuale si conoscevano eccome. L’idea che ci fossero mondi così vicini l’uno all’altro mi affascinava.
La teoria delle stringhe e dei mondi paralleli mi hanno sempre rapito le storie sono favole di ammonimento, ci parlano di quello che siamo come esseri umani e come persone. Nel film emerge che il mondo virtuale è molto bello, ma occorre anche prendersi una pausa di tanto in tanto. Gli amici dei miei figli vengono a casa, ma poi stanno su Instagram, Snapchat e praticamente nemmeno si parlano.
Anch’io però sono dipendente dallo smartphone, prima di venire qui ho dato il mio telefono alla mia assistente altrimenti avrei dovuto resistere alla tentazione di tirarlo fuori mentre parlavamo! Ormai non è più una questione di sfida a chi tira fuori prima la pistola, come nei western di un volta, ma a chi è più veloce a rispondere al telefono!.

 

Il film sceglie me, non sono io a scegliere il film. Magari c’è un film orfano che mi sceglie, ma fare un film da produttore o da regista è qualcosa di molto diverso. Se sto due o tre anni su un progetto quel lavoro deve aver toccato alcuni pulsanti importanti su di me. Riguardo a Ready Player One posso dire di aver un buon rapporto coi videogiochi, gioco ad Assassin’s Creed per esempio.
Seguo molto i social media per quel che riguarda le news, ma non ho Instagram, Twitter, Snapchat, non ho account social come i miei figli.
Ho fatto questo film per voi che siete dipendenti dai social, mentre io dipendo dal mio telefonino solo per le notizie. Realizzando Ready Player One ho pensato che ci dovesse essere un messaggio nel film, ovvero: non c’è niente che possa sostituire il contatto tra due esseri umani. Il futuro sarà ancora più controllato dalle grandi multinazionali della comunicazione, che creeranno un enorme gruppo o, non so, si fonderanno, ma in ogni caso saranno loro a determinarlo.
Devono strappami il film dalle mani, dopo che ho vissuto insieme a lui per anni e per mesi non vorrei lasciarlo andare e non lo faccio finché gli studios non mi dicono: guarda, il film deve uscire!
Quando faccio un film è come avere un figlio, per questo non posso dire qual è il mio film che preferisco. Quando un mio film esce è come se tutti voi diventaste genitori adottivi di mio figlio! Però non cerco mai me stesso su Google per cerca le reazioni ai miei film, non scrollo i commenti su internet…

 

Mentre stavo lavorando a Ready Player One mi è arrivata la sceneggiatura di The Post e ho pensato che, data la situazione della stampa in rapporto al potere di oggi, fosse estremamente attuale e che dovevo farlo con Maryl Streep e Tom Hank ci siamo detti: non faremo i soldi forse, ma faremo qualcosa di estremamente utile alla causa del nostro tempo. Ho tanti amici, tanti parenti, ma nelle pause tra un film e l’altro, quando non so ancora cosa voglio dirigere dopo, mi sento un po’ come un’isola. Mi è successo un po’ di volte e non è bello.

 

Gli anni ’80 sono stati un decennio di grazia, senza grosse controversie, l’economia era buona, tanti registi volevano intrattenere, avevamo i Duran Duran, i Van Halen, i Bee Gees. Mi sono divertito più negli anni ’80, quando è nato mio figlio e ho fondato la Amblin, la mia casa di produzione, ma nel ’70 ho conosciuto la donna della mia vita. E’ vero anche quello che dice Brian De Palma: mi piace più il jazz che il rock ’n’ roll, da giovane ho avuto modo di ascoltare tantissimi performer jazz e sono cresciuto ascoltando jazz e musica classica, mia mamma suonava il piano. Se vado in un jazz club faccio quello che fa Woody Allen e mi metto a suonare il clarinetto!.

Ho perso mia mamma l’anno scorso a 97 anni, mia padre invece ne ha 101 ed è stato il mio primo produttore: abbiamo fatto pagare un biglietto simbolico da un dollaro per la prima proiezione di un mio corto. Sono tanti i film che avrei voluto fare: uno di questi è Il cacciatore di Michael Cimino, uno dei miei film preferiti, ma non sarebbe stato lo stesso successo che è stato se l’avessi fatto io e non Michael. I cineasti devono fare il loro genere di film, lui era nato per raccontare quel film, era il suo destino immergersi in quella storia da stress post-traumatico così incredibile. Lo amo tantissimo.”

 

Lo sappiamo che non attendete che questo momento… ecco il trailer italiano !!

 


 

Questa voce e' stata pubblicata in Di tutto un po' e contrassegnata con .

Lascia un Commento