Cosa saresti disposto a fare per ottenere ciò che vuoi ?

Ripetersi è sempre complicato, soprattutto dopo un film che ha vinto il David di Donatello come miglior opera dell’anno, il premio per la sceneggiatura al Tribeca Film Festival di New York e ha ben tre remake stranieri in arrivo.

 

Paolo Genovesi ci riprova (con ottime possibilità intendiamoci) dopo il grande successo di “Perfetti sconosciuti” con questo “The piace” film corale ispirato alla serie americana “The Booth at the End” (film che vedremo con Amicinema mercoledi’ 22 novembre).

 

Il cast e’ nel classico Genovesi-style pieno dei migliori attori italiani del momento… tra cui Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D’Amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli e Giulia Lazzarini.

 

Un misterioso uomo siede sempre allo stesso tavolo di un ristorante, pronto a esaudire i più grandi desideri di otto visitatori, in cambio di compiti da svolgere. Quanto saranno disposti a spingersi oltre i protagonisti per realizzare i loro desideri?


 

Rossella Casapollo era presente all’anteprima stampa e allora sentiamo la sua recensione:
 
““Cosa sei disposto a fare per ottenere ciò che vuoi”: questo è il sottotitolo del nuovo ed atteso film di Paolo Genovese che, dopo averci stupito e divertito con ‘Perfetti sconosciuti’, ha l’onere di mantenere alta l’asticella del successo e a parer mio ci riesce alla grande, ancora una volta con una piece corale e ancora una volta sviluppando l’intero film in una unica location, eppure assolutamente per nulla simile al suo precedente lavoro.
C’è un posto e lì c’è un uomo, sempre al medesimo tavolino di un bar, tutto il giorno e tutti i giorni e c’è un susseguirsi incalzante di personaggi che, sedendosi di fronte a lui, gli sottopongono il proprio desiderio: la loro è un’urgenza, spesso al limite del realizzabile.
Per ciascun desiderio, l’uomo assegna un compito con la consapevolezza che chiunque ha il potenziale per fare qualsiasi cosa, per quanto difficile o nefanda possa essere, pur di realizzare il proprio sogno.
L’uomo al tavolino non ha un nome e non importa se sia il diavolo o Dio o un enigmistico direttore d’orchestra, ciò che importa è solo ciò che faranno i suoi interlocutori.
Nonostante il ripetersi della stessa scena, lo spettatore è ansiosamente intrappolato nelle vicende degli otto ‘cercatori di felicità’, ne segue i frammenti delle storie che si alternano, intuendo e spesso desiderando che si creino intrecci tra i personaggi, auspicando un lieto fine per ciascun percorso anche là dove emerge l’intimo più oscuro dell’animo umano.
In contrasto con l’assoluto distacco dell’uomo, esplodono impulsi di ogni tipo dagli altri personaggi che metteranno a nudo l’intera gamma dei sentimenti umani.
L’uomo è un superlativo Valerio Mastrandrea e gli altri attori che ruotano intorno a lui danno tutti davvero un’ottima prova.
‘The Place’ è il remake della serie ‘The booth at the end’ (2010-visibile su Nexflix), alla quale la sceneggiatura di Genovese si appoggia completamente pur inserendo diversi spunti personali, ma soprattutto dando molto più spessore ai suoi personaggi che in ‘The Place’ crescono e conquistano mano a mano che la loro vicenda prende vita.
Il tocco e la sensibilità del regista conducono sceneggiatura ed interpreti su un percorso psicologico intrigante e sorprendentemente interessante, il film risulta di gran lunga superiore alla serie alla quale si ispira e della quale consiglio la visione, ma solo dopo aver goduto di ciò che ‘The Place’ ci riserva.”

 

Sentiamo anche la presentazione dello stesso regista (l’intervista completa a questa pagina):
 
“Un uomo seduto in un bar, al tavolo in fondo. Sta sempre lì, giorno e notte, riceve visite di continuo. Ognuno dei suoi clienti vuole qualcosa, è spinto da un desiderio profondo, un desiderio difficile da realizzare, se non impossibile. Eppure…tutto per quell’uomo sembra possibile. “Si può fare”, ripete a ciascuno. C’è un prezzo da pagare, però. Chi è quell’uomo e chi stabilisce le regole? Non è importante. Perché le scelte e le conseguenze riguardano solo gli uomini che si siedono davanti a lui in quel caffè, sta a loro definire cosa è il bene e cosa è il male, completamente liberi di scegliere la loro strada. Sono quegli uomini bisognosi di miracoli che, di volta in volta, tornano a raccontare come procede la loro vita tessendo una trama in cui le loro storie s’intrecciano, si complicano e si fanno sempre più tese, magnifiche o terribili, tragiche o piene di poesia. E nemmeno quell’umile intermediario, davanti a tanta umanità, riuscirà più a rimanere impassibile…
In uno spazio come il bar la macchina da prese deve sparire, te la devi quasi dimenticare: il ritmo, la cadenza di montaggio, la danno i dialoghi. Bisogna stare sugli attori, non c’è quasi bisogno di controllare l’inquadratura. Ognuna delle scene che ho creato poteva essere un piano sequenza. The Place è un film in cui tutto quello che succede è raccontato, è quasi meta-cinema, il pubblico è stimolato a immaginare a modo suo le situazioni, con gli strumenti che noi gli forniamo.
Il ruolo di Mastandrea e’ fatto di nulla, c’è molto poca recitazione da spendere, e Valerio mi pare eccezionale nel comunicare senza le parole, con le piccole cose, sottraendo. Tutti gli altri personaggi hanno una storia da raccontare e un conflitto interno, parlano molto, mentre il protagonista deve essere neutro. Potrebbe essere Dio, il diavolo, la nostra coscienza…”

 

Finale con il bel trailer ufficiale del film !!

 


 

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