Una verità alquanto scomoda

Candidato a 6 premi Oscar, questo e’ film che tutti gli esperti dicono che nella serata del 28 febbraio sarà il vincitore del premio piu’ importante, quello della migliore pellicola.

 

Dal 18 febbraio arriva al cinema, grazie a Bim Distribuzione, “Il caso Spotlight” diretto dal regista americano Tom McCarthy (suo il bellissimo “L’ospite inatteso” del 2007) e con un super-cast con Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery e Stanley Tucci.


 

“Il caso Spotlight” racconta la storia del team di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominato Spotlight, che nel 2002 ha sconvolto la città  con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un’inchiesta premiata col Premio Pulitzer.

 

All’anteprima milanese era presente Mauro Cesaretti al quale lasciamo con piacere la parola per sentire le sue impressioni:

 Un film senza peli sulla lingua, come i quattro giornalisti di Spotlight, gruppo autonomo del giornale “The Boston Globe”, che indagano su una vicenda alquanto scomoda.
Non credo sia un film da spiegare perché, come un’inchiesta ricerca la verità, la pellicola ha l’unico intento di mostrarla rendendo partecipi gli spettatori di ogni protocollo e scoperta.
Ciò che dovrebbe toccare maggiormente le nostre corde interiori, è la paura e la tensione che ogni giornalista vive nel sentirsi circondato da persone che cercano di nascondere il proprio passato e i vari soprusi subiti.

 

Soprattutto ciò che dovrebbe farci rabbrividire, è l’idea che talvolta ci si affida alla Chiesa e ai suoi predicatori, perché si ha fede in Dio e nei suoi “discepoli”, si affidano anche i propri figli sperando in una corretta istruzione morale che permetta di fargli vedere il mondo con prospettive più ampie e considerando tutti gli uomini fratelli fra loro, ma in realtà, la fratellanza rimane spesso e volentieri solo nelle parole della Bibbia e numerose volte questi bambini e ragazzi non diventano che le vittime di un sistema corrotto e “antireligioso”.

Sebbene la Chiesa, in passato, abbia svolto attività “illecite e talvolta blasfeme”, ciò non significa che anche adesso non possano accadere cose simili.
Inoltre, vorrei far notare il numero di gran lunga maggiore delle scene interne che indicano una ricerca nelle interiora della società, tra gli archivi, negli scantinati, come se ciò che si cerca sia stato costantemente nascosto.

 

La psicologia ha un ruolo importantissimo (bello anche il gioco di macchina, dove durante la chiamata dello psichiatra, più o meno a metà film, l’inquadratura incentrata sui personaggi attorno al telefono si allarga), perché indica la svolta all’intera inchiesta permettendo di allargare il caso e di scoprire che un evento singolo a Boston non è altro che una serie di tanti altri eventi simili a livello mondiale, che vengono nascosti continuamente dalla Chiesa.

Visto la sottile ironia che ogni tanto affiora nel film, vorrei concludere con una mia massima: “Se è vero che tutto ha avuto origine dal morso di una mela, sicuramente Eva non si accorse che era marcia”!

 

Altre informazioni le trovate sul sito http://www.ilcasospotlight.it.

 

E in attesa di vedere questo film nelle sale emozioniamoci con il trailer italiano !!

 


 

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