Cinque film di Danny Boyle

Questa settimana e’ dedicata al regista inglese Danny Boyle (nato a Manchester nel 1956) e allora ripercorriamo la sua carriera con cinque tra i suoi film piu’ significativi assieme alle sue stesse parole.

 

Iniziamo dal 1996 con il suo primo grande successo, “Trainspotting” con Ewan McGregor, Johnny Lee Miller e Robert Carlyle.

Tratto dall’omonimo romanzo di Irvine Welsh sceneggiato da John Hodge e ambientato in una zona suburbana di Edimburgo, è la storia del tossicomane Mark e della sua banda di amici: brutti, sporchi, cattivi e ladri, ma che nella loro insolenza suscitano pena e simpatia, più che paura, orrore o schifo.
E il primo film che in modo esplicito racconta una storia di drogati dal loro punto di vista senza abbellire il contesto e senza pregiudizi o alibi nel raccontare la loro vita autodistruttiva.

La colonna musicale e’ diventata anch’essa un classico all’insegna del rock più duro e del pop più scatenato, con pezzo come “Born Slippy” degli Underworld, “Lust For life” di Iggy Pop e “Trainspotting” dei Primal Scream.

 

Su questo film Boyle ha dichiarato:
Io volevo giusto raccontare l’amicizia di un gruppo di ragazzi, affrontare il momento in cui, dopo aver condiviso per un po’ di tempo molte esperienze, ci si inizia a perdere di vista.
Non accetto l’accusa di amoralità, piuttosto si deve parlare di imperfezione: imperfezione dell’uomo, degli uomini, com’è nella loro natura. La perfezione se la cercassero in chiesa: non esiste nella vita reale, tanto meno la troveranno in un mio film. Tra l’altro “Trainspotting” è stato un successo, e non solo di pubblico: un film tirato su con un budget bassissimo, che affronta responsabilmente il problema della droga, arrivando ad aprire gli occhi a tanti; se oggi si inizia a parlare di legalizzazione, pur con tutti i “se” ed i “ma” necessari, è anche grazie a film come questo, che mostrano i drogati come persone normali, quali realmente sono.”

 


 

Una delle sue piu’ fortunate opere esce nel 2002, “28 giorni dopo” , nella quale il regista inglese affronta il genere horror.

“È stato diffuso un potente virus.
Trasmesso in una goccia di sangue e con effetti devastanti nel giro di pochi secondi, il virus condanna coloro che infetta a vivere in uno stato permanente di furia omicida. Dopo 28 giorni il paese è completamente contaminato, quando un gruppo di superstiti inizia a fare dei tentativi per salvare il futuro dell’umanità, non realizzando a pieno che il virus mortale non è la loro unica minaccia.”

L’intensità delle scene resa reale dalla bravura degli attori (Cillian Murphy, Naomi Harris, Brendan Gleeson) lo rende un vero horror d’autore. Indimenticabile. Imperdibile per gli appassionati del genere.

 

Boyle fu molto sorpreso dal successo di questa pellicola:
Si sono stupefatto. Lo abbiamo fatto con pochissimi soldi e in verità pensavo avrebbe avuto una vita breve. E’ bello quando tutto quello che hai sono speranze e nessuna aspettativa certa. E’ una bella cosa non trovate ?

E sulla possibilità di dirigerne il seguito lui e lo sceneggiatore Alex Garland hanno detto:
Abbiamo un’idea. Stiamo discutendo piuttosto seriamente su questo progetto, quindi è possibile. È complicato. C’è tutta una serie di ragioni per cui è complicato, sono noiose quindi non mi addentrerò nella questione, ma c’è una possibilità.
È più probabile che sia “28 mesi” piuttosto che “28 anni”. Lasciando libero “28 anni”, avremo un’altra opzione da sfruttare in futuro. Se facessimo anche “28 decadi”, però, rischierebbe di diventare irritante.”

 


 

Nel 2007 Boyle affronta un nuovo genere: la fantascienza.

In “Sunshine” siamo nell’anno 2057, il Sole sta morendo ed il genere umano rischia l’estinzione. L’ultima speranza della Terra è riposta nell’Icarus II, una navicella spaziale con un equipaggio di otto uomini e donne agli ordini del capitano Kaneda. La loro missione: trasportare un ordigno nucleare che dovrà ridar vita al Sole. Nel mezzo del loro lungo viaggio, senza un contatto radio con la Terra, l’equipaggio riceve un segnale di soccorso proveniente dall’Icarus I, che era scomparsa durante una missione analoga sette anni prima.
Nel cast Chris Evans, Cillian Murphy e Michelle Yeoh.

 

Spazio come sempre alle parole di Boyle:
Le premesse erano costituite da questi 8 astronauti legati ad una bomba delle dimensioni di Manhattan che vola verso il sole. Non ci sono molti film che parlano del Sole, a parte Thunderbirds o Lost in Space, nel quale i protagonisti attraversano il sole e dicono “uh fa un po’ caldo…”. Mi attraeva l’idea che questa stella è la nostra fonte di vita per cui lo si puo vedere come un viaggio fisico e psicologico, ma anche spirituale: un viaggio verso la fonte della vita.
Lo Spazio di per se è estremamente vasto e i personaggi sono confinati in un tubo d’accaio. Poi la luce del sole ti brucia istantaneamente mentre lo spazio siderale ti ghiaccia. Loro devono affrontano mentalmente tutto ciò. Senza dimenticare il contrasto tra l’Inferno – rappresentato da Pinbacker, il misterioso capitano della nave spedita precedentemente – e il Paradiso. La scienza stessa si oppone a questa figura: Pinbacker è un antiscientifico, un fondamentalista medievale, una sorta di talebano, pensa che non si debba interferire con il piano di Dio che è evidentemente quello di far morire questa stella e con essa l’umanità.”

 


 

Nel 2008 il regista inglese cambia ancora una volta genere e con “The Millionaire” sbarca in India all’inseguimento del cinema di Bollywood. Nel film c’è l’India ma c’è anche “Chi vuol essere milionario”, trasmissione conosciuta in tutto il mondo e che vede protagonista un giovane indiano venuto dal nulla.
Boyle usa lo stratagemma del programma tv per ripercorrere la vita del povero Jamal (Dev Patel), che grazie alla sua grande determinazione si trova di fronte alla domanda finale da 20 milioni di rupie ma soprattutto di fronte a Latika (Freida Pinto), il suo unico grande amore.
10 candidature all’Oscar e premio come miglior film e miglior regista.

 

A Boyle chiesero del perche’ della scelta di un opera tratta da un romanzo ambientato in India:
Per quello che riguarda l’India c’è da dire che ero molto poco preparato sull’India, non c’ero neanche mai stato, ma la spinta a fare questo film era così forte che mi sono voluto buttare nel progetto. C’è da dire che non sono certo un precursore, oggi Hollywood guarda moltissimo a Bollywood e viceversa.
Spielberg, la Disney, Will Smith stanno tutti quanti investendo in progetti connessi con l’India, anche perchè gli Indiani sono molto attratti dalle star. Ad ogni modo è un prodotto che non si rivolge esclusivamente all’India, in America per esempio è stato accolto in modo incredibile, oltre ogni aspettativa considerando che l’argomento India è abbastanza estraneo agli Americani. Io credo che sia piaciuta l’idea del sogno, un sogno realizzato. Non mi riferisco ai soldi ovviamente quanto all’incontro dei due protagonisti.”

 


 

E per finire “Steve Jobs” il film che vedremo mercoledi’ sera nell’uscita infrasettimanale di Amicinema.

 

Per quali motivi Boyle ha accettato un film cosi’ rischioso ? Ecco le sue parole:

Ho letto la sceneggiatura e ho pensato che sarei stato un pazzo a non fare il film. Mi ha lasciato senza fiato. Ho pensato che non avevo mai fatto nulla di simile prima. Le sfide che presentava, il suo essere completa e autosufficiente, il suo meraviglioso esercizio linguistico, mi intrigavano immensamente.
Anche il personaggio di Steve Jobs che Aaron aveva creato, lo Steve che esiste nel copione che, per certi versi, combacia con quello storico e per altri no, mi affascinava enormemente. E’ un personaggio di proporzioni shakespeariane. E’ ipnotizzante, violento e divertente.
Ho visto nella sceneggiatura di Sorkin molte persone orbitanti intorno a questo pianeta straordinario, che è il personaggio di Steve Jobs. Nella vita esistono persone come lui intorno alle quali finiamo per orbitare; le nostre vite sono vissute per certi versi nel loro riflesso e spesso siamo incapaci di staccarci da loro. Hanno una grande forza gravitazionale. Sono persone che ispirano devozione. Come personaggi sono affascinanti da esaminare.
Ci sono persone nella vita di Jobs che gli sono chiaramente e profondamente devote. Altri personaggi lo ritengono un mostro. E, in un certo senso, lui è un mostro reso bello dalla lingua.. e da due donne.”

 


 

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