Amy – la ragazza dietro il nome

Sul nostro sito e sulla nostra pagina facebook avete potuto gia’ vedere settimana scorsa il concorso che abbiamo lanciato su questa pellicola, oggi ve ne parliamo in maniera estesa con il commento di un’inviata speciale.

 

Solo per tre giorni, dal 15 al 17 settembre, uscirà nelle sale italiane “AMY – The girl behind the name“, l’atteso docu-film del regista Asif Kapadia (suo l’ottimo “Senna”) dedicato alla vita tormentata e intensa di Amy Winehouse.

A Milano lo troverete nei cinema Arcobaleno, Odeon, Anteo, Ducale, Apollo, Colosseo, Plinius e UCI Bicocca/Certosa.


 

All’anteprima stampa milanese di fine luglio per Amicinema ha partecipato Martina Godoli, curatrice della pagina facebook “Amy Winehouse Italia” e, invece di spendere tante parole, lasciamo a lei le parole per raccontarci questo film.

 

Davanti ai prodotti postumi riguardanti artisti scomparsi ho sempre storto il naso. Quanto si vuole davvero rendere loro omaggio e quanto si vuole mangiare sopra il loro nome?

Ma soprattutto davvero quell’artista avrebbe voluto che tale materiale fosse reso noto? Quando seppi di questo documentario ero combattutta fra felicità e scetticismo, perchè se da una parte (egoisticamente come fan) ero felice di vedere sul grande schermo la vita della mia cantante preferita, ma allo stesso tempo avevo paura che fosse solo un’ennesima mossa di marketing.

 

Ma Asif Kapadia con “AMY – la ragazza dietro il nome” è riuscito a sorprendermi, ed in positivo. In circa due ore è riuscito a racchiudere la vera essenza di ciò che Amy Winehouse è stata: una ragazza tanto allegra e forte quanto fragile e incapace di affrontare le sue paure. Nel documentario è mostrata a pieno la ragazza intelligente che era, consapevole del proprio talento ma ancora di più consapevole del suo non essere in grado di saperlo gestire.

Nella lettera che Amy scrisse per l’ammissione alla Silvya Young Theatre School (scuola di canto e recitazione a Londra dove studiò n.d.r.) c’è un passaggio in cui afferma: “Voglio che la gente mi senta cantare e così, d’improvviso… si dimentichi dei suoi problemi, anche solo per cinque minuti”.

Durante un’intervista anni dopo spiega di non poter diventare famosa perchè non riuscirebbe mai a reggere il successo che ne consegue. Quasi una premonizione di ciò che è accaduto, che si evolverà in un susseguirsi di video disastrosi sui palchi di mezzo mondo dove tutti sono lì per lei, per sentirla cantare, ma l’unica che non se ne rende conto è Amy stessa.

 


 

La bassa qualità registica, causata dal fatto che circa il 70% del documentario è formato da filmati amatoriali girati da amici/parenti/Blake ed Amy stessa, danno al tutto qualcosa in più e anche in questo Kapadia è riuscito a mostrare il lato semplice di Amy. Non era una diva di Hollywood, di quelle che si mostrano perfette per nascondere le proprie debolezze, ma una ragazza nata e cresicuta nella zona nord di Londra da una famiglia ebrea che amava passare il suo tempo sull’Isola di Santa Lucia in compagnia degli abitanti locali e non aveva timore di cantare al mondo i suoi demoni.

 

Il documentario si chiude con le parole di Tony Bennett: “Avrei voluto dirle di rallentare, che la vita ci insegna come vivere, ma solo se si vive abbastanza a lungo”. Poteva fare ancora tanto, poteva tornare più forte di prima e creare qualcosa che rendesse “back to black” solo un lontano ricordo. Ma così non è stato, ed “AMY” è la degna conclusione della storia di una ragazza che in pochi anni ha raggiunto obbiettivi, cuori di tante persone in giro per il mondo e un posto nella storia della musica che molti artisti non raggiungono nemmeno in tutta una carriera.

Rimarrà per sempre quella ragazza che sotto i nostri occhi ha vinto cinque Grammy Awards in una sola notte e sempre sotto i nostri occhi è andata via per sempre in un grigio pomeriggio di luglio.

 

Per chiunque ha amato Amy questo documentario regalerà due ore di tuffo nel passato che permetteranno di sentirla ancora una volta vicina.
Mentre per chi non la conosce a fondo sarà l’occasione per rendersi conto di quanto era vera all’interno di ciò che cantava, ma soprattutto potrà vedere coi propri occhi quanto Amy Jade Winehouse non era altro che una ragazza alla disperata ricerca dell’amore, capace di stare accanto a tutti ma non a se stessa e il cui smisurato talento ha reso
terribilmente fragile.”

 

Martina Godoli (amministratrice della pagina facebook “Amy Winehouse Italia”)

 

Mi occupo della gestione della pagina facebook “Amy Winehouse Italia” da ormai tre anni e mezzo. Il mio obbiettivo tramite essa è quello di far sì che né Amy né la sua musica vengano dimenticate e per me non esiste cosa più bella che condividere la mia passione con più persone possibili.
Questa pagina è un po’ la mia Amy, quello che mi resta di lei ed ogni volta che pubblico qualcosa mi sembra di averla vicina. Occuparmene, per quanto impegnativo, mi regala ogni giorno momenti meravigliosi e opportunità come quella di aver visto il documentario in anteprima. E’ vero che lei non c’è più, ma dalla mia pagina non andrà mai via e se vi andasse di venire a farmi visita sarete tutti i benvenuti!
Qui il link della pagina: https://www.facebook.com/pages/Amy-WinehouseItalia/357336250979194

 

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