E fu sera e fu mattina di Emanuele Caruso

Molta curiosità ed interesse ieri sera al cinema Mexico per la proiezione del film “E fu sera e fu mattina” del giovane regista piemontese Emanuele Caruso, coadiuvato da una troupe di operatori di ripresa altrettanto giovani. 

Ad incuriosire il pubblico non solo la tematica, ma soprattutto l’idea innovativa che ha permesso al regista di produrre il film in modo totalmente indipendente : gran parte dei fondi sono stati raccolti attraverso il crowdfunding, ovvero, grazie alla vendita via internet di piccole quote di partecipazione, fino al raggiungimento in due anni della cifra di 40.000 euro. Il restante finanziamento ( altri 30.000 euro) è stato ottenuto, grazie al contributo economico di alcuni comuni della Langa, il territorio piemontese in cui l’intero film è stato girato nell’estate del 2012.

Dopo il buon successo di incassi in Piemonte, attualmente il film è in proiezione in alcune sale italiane ( fino all’11 settembre anche al cinema Mexico di Milano), attraverso canali di  distribuzione diretta. La vicenda narrata nel film trova ambientazione nel bellissimo paesaggio della Langa : le riprese sono state fatte in paesi  e cittadine del territorio vicino ad Alba come La Morra, Bra, Serralunga, Prunetto.

Al centro della narrazione è il piccolo paese collinare di Avila, comune di 2.000 anime, dove in occasione dell’annuale festa patronale gli abitanti vengono sorpresi da un inaspettato annuncio televisivo, che comunica loro l’arrivo imminente della fine del mondo. La vita delle persone è sconvolta e messa in discussione da questo evento e ciascuno sarà costretto a cambiare e ridimensionare le proprie aspettative esistenziali.

In quasi due ore di narrazione, che sembra corrispondere al lento ritmo dell’esistenza naturale delle persone del piccolo paese, emerge la realtà interiore di ciascuno dei protagonisti. Il ruolo di protagonista principale è affidato ad Albino Marino, che nel film interpreta egregiamente il personaggio di Francesco, parroco del paese.

La sua è la figura vincente e forte del film, capace di trasmettere un messaggio nuovo. Francesco ( e il nome sembra non essere una scelta casuale), dismette i panni canonici del prete, non solo nella scelta di un modo sobrio e dimesso di vestire e di non farsi definire “don”,  ma anche nel modo di vivere il proprio ruolo sacerdotale. Francesco è prima di tutto un uomo che non predica da un altare, ma si mostra umilmente come persona, mettendo in luce anche la sua fragilità e gli errori commessi. La sua vicinanza agli altri è sopratutto ascolto non giudicante e presenza empatica.

Il finale del film lascia aperti molti interrogativi, ma sembra propendere per una visione ottimistica, lontana dalle molte visioni apocalittiche della fine del mondo, presenti nelle molte pellicole che hanno trattato questo tema. Forse il mondo finirà davvero o forse ognuno tornerà a vivere la propria vita, con la certezza di essere diverso da prima.  

E se poi l’annuncio della fine del mondo fosse solo un abile artificio per dissipare la maldicenza ed indurre gli uomini a riavvicinarsi gli uni agli altri in modo più autentico ?

 


 

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  1. Ugo Besson scrive:

    Un’iniziativa sicuramente interessante e da incoraggiare, per la passione per il cinema, l’impegno e il coraggio di questi giovani autori e attori. Tuttavia, pur guardando con simpatia al lavoro di questo gruppo, devo dire che il film non mi è piaciuto. L’idea era buona ma forse era troppo difficile da sviluppare senza cadere in una retorica pretenziosa e nel sentimentalismo facile. La narrazione mi è sembrata piatta, intrisa di luoghi comuni e di scontate identificazioni di situazioni e personaggi tipici. Mancano scatti di originalità e di forza espressiva, le scene e la recitazione non riescono a trasmettere tensione emotiva o intensità di riflessioni problematiche, scivolando invece spesso nel banale e nel ripetitivo. Forse la scelta di un tema meno pretenzioso e cosmico poteva essere più adatto per rappresentare la vita e le dinamiche psicologiche di una piccola cittadina della campagna piemontese.

  2. Vito Capozzo scrive:

    Nel 1961 Vittorio De Sica diresse il film: “Il giudizio universale”, si trattava di un film-commedia. Una voce dal cielo annunciava alle 18 il giudizio universale, mandando nel panico la popolazione. Vari persone che avevano commesso dei peccati, cercavano di rimediare, altri negavano alla voce divina di aver fatto dei torti ad alcuno. La pellicola di De Sica era leggera, il film di Caruso é più complesso, ognuno dei personaggi vive le proprie angosce, i propri errori del passato, chi va fuori di testa e uccide per una vecchia eredità contesa.

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