Viaggio Sola e l’idea di donna nel cinema italiano

L’uscita di Viaggio Sola di Mariasole Tognazzi nelle sale italiane in questo scorcio di stagione 2012/2013 è un avvenimento unico e sorprendente  per la cinematografia italiana degli ultimi vent’anni. Sembrano passati secoli dalle protagoniste femminili della coppia Melato/Wertmüller, dalla Vincenzina di Romanzo Popolare o da Elena di Speriamo che sia Femmina di Monicelli. Le protagoniste dei film italiani degli ultimi vent’anni sono tutte donne irrisolte, problematiche, tristi.

Soldini, ad esempio, che pure aveva cominciato bene con l’Aria serena dell’ovest (che però risale agli anni ’80) fa dimenticare Licia Maglietta in autogrill, getta Alba Rohrwacher tra le braccia di Favino filmando improbabili e noiosissime scene di sesso tra i due, mentre la Buy, moglie benestante di Albanese naturalmente non porta a casa una lira. E che dire di  Virzì, che pure ha una grande sensibilità per i personaggi femminili, con una Michela Ramazzotti intrappolata nella propria bellezza nell’ “Ultima cosa bella” e Tony insicura e irrisolta in “Tutti i Santi Giorni”. Diritti, che pure lascia interviste sulle grandi capacità femminili, filma una Jasmine Trinca in crisi con se stessa e con il mondo. Nè fanno di meglio le registe donne: Castellitto/Mazzantini dopo la misera Penelope Cruz, imbruttita ad arte, che si innamora del suo violentatore, in “Venuto al Mondo”, ci regalano una donna improbabile, che vuole un figlio a tutti i costi e che non si sa come si guadagni da vivere. La protagonista del film di Alina Marazzi “Tutto parla di te” ha difficoltà ad accettare la propria maternità, mentre quella di “Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli ha difficoltà a farsi accettare come militante comunista. E anche le sorelle Comencini da “La bestia nel cuore” a “Mobbing” e “Lo spazio bianco” raccontano di donne in difficoltà, in famiglia, nel lavoro, ovunque. E ovviamente non si contano le mogli tradite, le fidanzate lasciate, i traumi infantili legati a violenze subite.

Alcuni di questi film sono anche molto belli. Ma ogni volta io mi chiedo: possibile che nessun regista, uomo o donna che sia, parli di me? Perchè mi riconosco nei film francesi, libanesi, arabi, iraniani, inglesi, ma i film italiani ignorano il mio immaginario? Ebbene, me lo spiega l’antropologa inglese Kate Sherman, forse il più bel personaggio di Viaggio Sola: non siamo libere noi donne di pensare noi stesse, la nostra femminilità, la nostra sessualità, l’amore secondo il nostro immaginario, perchè la femminilità rappresentata è sempre e solo quella immaginata dagli uomini. E poichè l’idea maschile è quella dominante questa idea di donna condiziona anche il modo con cui le donne considerano se stesse. Dice Tolstoj in “Sonata a Kreutzer”: l’unica speranza di cambiamento risiede nel modo che hanno gli uomini di considerare le donne, e le donne di considerare se stesse.

Ecco “Viaggio Sola” di Maria Sole Tognazzi è un passo importante in questa direzione. La protagonista del film Margherita Buy esce finalmente dall’immaginario maschile per cui una donna single è necessariamente infelice, sola e irrealizzata, perchè non è abbastanza femminile da “tenersi” un uomo. Le donne italiane non hanno ancora assimilato l’idea, balenata per un breve periodo negli anni ’70 e subito scomparsa, per cui la realizzazione di sè non passa attraverso l’uomo con cui  si sta o ci si sposa, perchè la nostra  identità esiste a prescindere dall’uomo che ci sceglie.

L’ Irene di Margherita Buy nel film è proprio l’incarnazione di questa idea: è una donna che ama il suo lavoro, ha scelto la libertà,  non desidera essere madre, e soprattutto è pronta a dare e ricevere affetto senza necessariamente sobbarcarsi la responsabilità di una famiglia. Impensabile? Incredibile? Rivoluzionario?  Io direi, semplicemente vero.

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  1. emanuela dini scrive:

    mah……….io arrivo tardi, ho visto il film stasera, mi aspettavo grandi cose ma sono rimasta francamente delusa. Mi è sembrato un mega spot degli hotel di lusso, con una storiellina debole debole, con molti stereotipi per nulla originali (la sorella fissata con l’alimentazione bio, gli spinaci coi lombrichi, la donna manager in viaggio da sola ecc ecc). L’unico guizzo creativo, il fatto che l’incontro che la mette in crisi non è con un uomo (mi sarebbe crollato vieppiù…) ma con l’antropologa. E poi, avrei molto da ridire sulla figura della Buy “single e soddisfatta”. A me è sembrata una donna tristissima e angosciata (come recita in voce fuori campo nell’ultima sequenza, all’aeroporto), incapace di tessere relazioni affettive con chiunque e alla disperata ricerca di crearne o ri-crearne, a tutti i costi, (l’antropologa-la sorella- l’ex fidanzato). Che dire? Che il bello di questo film- come di tutte le forme d’arte- è che ciascuno di noi ci vede qualcosa di diverso. A me è sembrata solo una storiellina molto ben alimentata da un robusto e ricco ufficio stampa.

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