Visioni al femminile: Alina Marazzi

Per il quarto appuntamento della nostra rassegna “Visioni al femminile”, ospitati nella splendida sede del Circolo della Stampa, avremo l’opportunità di conoscere e chiacchierare con Alina Marazzi. La regista milanese, infatti – di cui ad aprile uscirà il suo nuovo film, Tutto parla di te – ha accettato il nostro invito e ci racconterà, prima di rivedere insieme uno dei suoi capolavori, Vogliamo anche le rose, le tappe della sua carriera, che qui vi anticipiamo.

Milanese, inizia la sua carriera come regista di documentari televisivi a tema sociale, e lavora come aiuto regista per il cinema, principalmente con Giuseppe Piccioni. Collabora con lo Studio Azzurro su progetti cinematografici e installazioni. Tra le altre attività, tiene laboratori audiovisivi nel carcere di San Vittore e per due anni lavora al progetto Fabrica sotto la direzione artistica di Godfrey Reggio.

Si segnala all’attenzione della critica e del pubblico internazionale nel 2002, con il suo primo film documentario Un’ora sola ti vorrei, un ritratto della madre morta suicida quando lei aveva sette anni, della quale ricostruisce la storia attraverso un montaggio di sequenze filmate in super8 dal nonno paterno Ulrico Hoepli. Alle immagini la regista ha unito la sua voce che legge pagine dei diari della mamma, le lettere ai figli quando era in ospedale, i referti psichiatrici e alcuni suoni originali registrati all’epoca, oltre a  canzoni e pensieri : ne esce un commovente e straordinario lungometraggio.  Presentato a Locarno nella sezione Concorso video, il film riceve una menzione speciale della Giuria, e il premio per il miglior film documentario al Festival di Torino.

Il successivo lavoro è Per sempre, una raccolta di testimonianze che analizza le ragioni della scelta  di alcune donne di prendere il velo e di escludersi dal mondo.

Nel 2007 Alina Marazzi dirige Vogliamo anche le rose, un documentario che racconta, attraverso i diari di tre donne, il cambiamento portato in Italia alla fine degli anni Sessanta dalla liberazione sessuale e dal movimento femminista. Il piano privato e la storia collettiva, ricostruita con immagini di repertorio,  si intrecciano: il diario di Anita racconta l’emancipazione dalla famiglia e dalla rigida figura paterna; il diario di Teresa descrive una ragazza pugliese alle prese con un aborto clandestino; il diario di Valentina racconta l’esperienza di una femminista costretta a dividersi tra l’amore e la militanza. Ne emerge un lungometraggio che ci fa «ripercorrere la storia delle donne dalla metà degli anni Sessanta fino alla fine dei Settanta e metterla in risonanza con il nostro presente conflittuale e contraddittorio, nell’intento di suscitare una riflessione su tematiche ancora aperte se non addirittura rimesse grossolanamente in discussione».

L’11 aprile uscirà appunto nelle sale il suo nuovo film, la prima fiction, Tutto parla di te. Charlotte Rampling impersona  Pauline, una donna di sessant’ anni che torna a Torino, la sua città d’origine, per la prima volta da quando aveva dieci anni. Qui riprende i contatti con la dottoressa Angela Gualtieri – una psicologa conosciuta all’estero qualche tempo prima – che dirige un centro per la maternità, il Melograno, a cui si rivolgono sia le mamme in attesa che quelle in crisi depressiva dopo la nascita del figlio. Pauline, attraverso i materiali audio e video e alle testimonianze raccolte dalla Gualtieri, intraprende una ricerca sui problemi e le esperienze della mamme di oggi. In particolare stringe amicizia con Emma, una giovane danzatrice che si lascia sconvolgere dalla maternità, che non sa come affrontare. Il loro rapporto porterà Pauline a un confronto con il proprio tragico passato, e Emma ad acquisire sicurezza di sé nel suo nuovo ruolo di madre, oltre che di donna di spettacolo.

 

 

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