Un giorno questo dolore ti sarà utile

Mercoledi’ 29 febbraio “Un giorno questo dolore ti sarà utile” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amici del Cinema.

Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.
 

Dati Tecnici
Regia: Roberto Faenza
Con: Lucy Liu, Marcia Gay Harden, Ellen Burstyn, Peter Gallagher e Toby Regbo.
Durata: 98 min

Trama del film
“James è un adolescente vulnerabile. La madre Marjorie ha una galleria d’arte dove espone bidoni della spazzatura. Colleziona mariti: ha appena abbandonato il terzo, Mr. Rogers, un giocatore compulsivo, durante la luna di miele a Las Vegas. Il padre Paul esce solo con donne che potrebbero essergli figlie. Al contrario, la sorella Gillian ha una relazione con il suo professore di semiotica e non riesce a innamorarsi di uomini che non abbiano almeno il doppio della sua età. Intanto già prepara le sue memorie, sicura che saranno un best seller. Solo Nanette, la nonna enigmatica e anticonformista, riesce a comprendere lo spaesamento di un diciassettenne inquieto alla ricerca dell’identità, sullo sfondo di una New York ricca di personaggi sconcertanti.”

Trailer
http://www.youtube.com/watch?v=wFfEPmbiT1U

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  1. fabio scrive:

    Film noioso, a tratti insopportabile. il personaggio principale è circondato da persone prive di spessore. Lui, nelle sue elucubrazioni, risulta noioso, banale, insignificante, non riesce assolutamente a coinvolgere lo spettatore. Difficile riuscire ad arrivare alla fine del film. Sicuramente Faenza ha fatto film migliori.

  2. Cristina Ruggieri scrive:

    Quello che mi è piaciuto di questo film e del romanzo da cui è tratto è l’assoluta coerenza del punto di vista. Il film infatti non è la storia di James Sveck, ma è la storia del mondo dal punto di vista di James Sveck. Così i personaggi che lo popolano hanno la profondità del sentire di un ragazzino viziato della upper class newyorkese che della madre nota solo i disastri sentimentali e del padre l’attrazione per le ragazzine. La concentrazione di Cameron è sulla psicologia dell’adolescente James, così antipatico, così poco amato dai suoi coetanei da sentirsi fuori posto in un mondo verso il quale non riesce a sentire alcun amore.
    Eppure, nonostante la coerenza della storia e la bella ambientazine newyorkese, ho trovato il film noioso a tratti per la regia troppo sottotono di Faenza. Quasi a volersi nascondere, per non interferire con la storia.

  3. Silvia Lugli scrive:

    In genere se un film mi piace ci penso su. Per questo ho dovuto pensare per trovare qualcosa di significativo. Mi e’ sembrato tutto molto banale, la madre squinternata, il padre con la fidanzata giovane, il ragazzino un po’ dandy e alla fine la riconciliazione davanti alle ceneri della nonna. Ma cosa c’era di nuovo o di profondo? l’unica invidia e’ per la passeggiata a Brooklyn Hights che rifarei domani

  4. Stefano Chiesa scrive:

    Se esistesse una sorta di principio di induzione cinematografico potrei essere tentato di dire che tutti i film tratti da libri di Cameron sono destinati ad essere opere poco riuscite.
    Dopo avere “Questa sera dorata” e soprattutto ieri “Un giorno questo dolore ti sarà utile” questa mia idea mi sembra sempre piu’ convincente.
    Il film di Faenza mi e’ sembrato un pastrocchio irrisolto, pieno di banalità, simile ad un pamphlet new age con un cast, teoricamente molto di qualità, sprecato in ruoli macchiettistici.
    Quello che non mi piace proprio di Cameron e’ che circonda i suoi protagonisti (qui il giovane Toni Regbo, Omar Metwally in quello precedente) di una specie di corte dei miracoli, tanti personaggi di contorno, ognuno caratterizzato in maniera eccentrica, ma privo di qualsiasi profondità.
    La pellicola purtroppo non riesce a rendere originale una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti e nonostante qualche bella scena (la morte della nonna, i giri solitari di Regbo a Washington) non ha mai una identità forte a livello di immagine che possa riscattare la banalità del testo narrativo.
    Bravo invece Toni Regbo che comunica con estrema naturalezza quella fittizia anormalità di essere perfino troppo normale in un mondo che ha perso di vista ormai i valori di riferimento e guarda solo ai propri problemi come se fossero la scala per misurare la vita.

    • Stefano Chiesa scrive:

      Aggiungo un particolare che gia’ dal principio mi ha indisposto male verso il film.
      I titoli iniziali.
      Fatti con Photoshop sono quanto di piu’ brutto in materia abbia visto al cinema…

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Penso che il macchiettismo dei personaggi intorno a James sia legato alla percezione che di loro ne ha James, superficiale e priva di amore. Infatti la nonna e l’impiegato nero della galleria (non mi ricordo il nome) cui James vuole bene non sono macchiettistici.

  5. Luca Tavian scrive:

    E’ la prima volta da quando frequento gli amici del cinema che stavo seriamente meditando di uscire dalla sala prima che il film fosse finito. Niente ritmo, niente di nuovo. La nonna amica si era già vista ne “Il tempo delle mele”. La scena della casa vicino alla discarica è un vicolo cieco a cui non segue nulla (quando viene chiesto al protagonista di chiudere gli occhi dopo che si rende conto dei gabbiani, ho capito come sarebbe andata a finire). La carne sul fuoco era molta. Disagio adolescenziale, possibilità di andare contro le aspettative dei genitori, seguire le proprie passioni anche se diverse dal gruppo dei pari. Ma qual è il risultato? Vai dallo strizzacervelli che ti rimette sui binari della normalità. Al protagonista manca il coraggio di abbandonare il castello ovattato di una famiglia ad alto reddito. Quale grande finale? Conservare le chincaglierie della nonna. Con i soldi di chi? Andare al college non è obbligatorio, farsi canne non è necessario. Stare con la propria famiglia d’origine per comodità è facile però. Ragazzo fai la valigia e vai a lavorare da Mc Donalds. Vediamo se puoi permetterti la casa da 95.000 dollari vicino alla discarica o ti va peggio.

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Luca concordo. James è viziato e anche francamente antipatico. Ma tutti hanno diritto di essere raccontati, no?

      • fabio scrive:

        è successo anche a me, speravo che a un certo punto il film potesse darmi uno scossone, ma sono rimasto deluso. Forse era meglio alzarsi ed andarsene, sarei rimasto col dubbio.

  6. AlfonsoGC scrive:

    caspita come diventiamo critici se il regista è italiano, deve fare come il primo Leone firmare con uno pseudonimo. alllora avrei letto splendida regia, scene insuperabili, interpretazioni imppeccabili. un bel film rovinato da un nome italiano se avesse firmato Fayenzej ora ci sarebbero 30 elogiative recensioni.
    bel film con un ragazzo che ci ha fatto vedere il disagio di vivere in una famiglia formata da 4 differenti solitudini, ogni familiare del ragazzo vive in un mondo patologicamente personale ma solo lui si rende conto di questo forte distaccamento della sua famiglia da una sana normalità e si confida con l’unica persona saggia, la nonna. Nonna che lo spinge ad andare a comprare casa proprio per farlo entrare nel mondo degli adulti per fargli capire con che cosa dovrà avere a che fare. Veramente insopportabile il fatto che questo ragazzo non si faccia una canna, non si ubriachi, sia nel suo adoloscenziale dolore di vivere normale. scusate se questo suo personale disagio non lo porta a vivere in comunità di tossici o di recupero da accessi vari. Insopportabile questo ragazzo che non si fa canne non si droga non ha nemmeno un tatuaggio!!!!!! ma caspita quale interesse possiamo avere per un ragazziono così! un maestro come il regista di shame avrebbe cambiato, avrebbe fatto una altro fim, il ragazzo avrebbe avuto un bel tatuaggio in fronte, il padre sarebbe andato a recuperarlo non a washington ma in una comunità di recupero per giovani alcolizzati con dipendenze sessuali estreme. questo si sarebbe stato da oscar!!!!!

    • Stefano Chiesa scrive:

      E’ vero, se il protagonista si fosse chiamato Antonio Reggio invece di Tony Regbo penso non mi sarebbe piaciuto cosi’ tanto. :)
      Grande Alfonso mi piace quando ti scateni nella tua verve italocinefila…

  7. Marta Erba scrive:

    Concordo con Silvia, tranne in un punto. Mi è venuta voglia di leggere il libro, perché intuisco da molti elementi che ne vale la pena (anche solo per la sconosciuta sul tram che ieri, mentre dicevo a una collega che stavo per venire a vedere questo film, si è illuminata e non ha potuto fare a meno di dirmi: il libro è bellissimo!). Il film, ahimè, no (secondo me, ovviamente). Ed è un’occasione sprecata per Faenza, che pure aveva a disposizione mezzi e attori rispettabilissimi. Quello che più mi ha infastidito è la riduzione degli “adulti” intorno a James a ridicole e improbabili macchiette, rendendo così impossibile a noi spettatori percepire il vero dramma (e il “dolore” del titolo) dell’adolescente disadattato, che vede le ambivalenze e le contraddizioni degli adulti al punto da ritenere impossibile adeguarsi a quei modelli e di desiderare la morte. Gli adulti del film, insomma, dovremmo percepirli normali anche noi, perché SIAMO noi, noi che l’adolescenza l’abbiamo passata da un pezzo, e che abbiamo perso e dimenticato la sensibilità che – in misura diversa – avevamo all’età di James, nel momento in cui abbiamo scelto a quali modelli assomigliare, che tipo di persona diventare, spesso (non sempre per fortuna) con grandissima difficoltà e qualche volta anche con pensieri di morte: quelli che dovrebbe avere James (perché così ci viene spiegato, ma che in realtà non percepiamo, o almeno, io non li ho percepiti). Avrei preferito adulti più credibili e un adolescente più autenticamente tormentato, senza quei continui sorrisetti ammiccanti che fanno pensare che i suoi problemi siano più una posa che una realtà. Faenza aveva l’occasione di girare un bel film sull’adolescenza e invece ha preferito banalizzare, un’operazione che secondo me è peggio che inutile.

    • Marta Erba scrive:

      (forse mi sono scaldata un po’ troppo, mi scuso con chi invece, a differenza mia, ha apprezzato il film. In ogni caso il fatto che il regista sia italiano non c’entra nulla. O forse sì, da Faenza mi aspettavo più profondità, invece il film mi sembra la classica americanata…)

      • Cristina Ruggieri scrive:

        Marta, credo che parte del dramma di James è proprio la sua percezione infantile, che riduce il mondo a “macchiette” facili da giudicare. La complessità è molto più difficile da trattare. Il libro e il film raccontano questo suo punto di vista.

      • Cristina Ruggieri scrive:

        Non ci si dovrebbe mai scusare della propria passione. Che noia sarebbe il mondo senza persone come te!

      • AlfonsoGC scrive:

        spero di leggere questa tua ultima affermazione al prossimo “capolavoro” americano…..

    • fabio scrive:

      anche troppo buona

  8. Silvia Serra scrive:

    Non conosco il romanzo di Cameron, ma devo dire che il film non mi fa davvero cadere nella tentazione di leggerlo. Mi sembra infati che la prima (delle tante) pecche del film stia proprio nel soggetto. Concordo con Luca, un film pieno di discorsi scontati e banali, che gira intorno al “dramma esistenziale” del protagonista, ragazzino saggio e prudente proveniente da facoltosa ed eccentrica buona famiglia: frequentare o meno un college? Farsi o non farsi aiutare da una life coach? Eh, questi si che son problemi… In conclusione, quel dolore citato nel titolo mi pare che proprio non si percepisca in nessun momento del film, nemmeno nel momento della perdita della tanto amata nonna.

    • fabio scrive:

      forse parla del dolore dello spettatore nel vedere il film. A parte gli scherzi, più che un film, sembra un telefilm, un film tv.

  9. Annafranca Geusa scrive:

    “…e i matti siete voi” è la sintesi di James in questo film. Ma non c’era bisogno di un’improbabile fascinosa coatch Lucy Liu per capirlo. Madre, padre e sorella sembrano le brutte copie degli stessi in “Ricordati di me” presi con le stesse nevrosi, più american style. Il film ha qualche limite proprio nella delineazione di questa famiglia ma qualcosa si salva e James fa meritare al film un pò di attenzione. James puro e semplice nella sua solitudine alla ricerca di se stesso, di risolvere il suo disagio adolescenziale, nell’isolarsi dall’obbligo di relazioni insopportabili preferendo e desiderando quelle più profonde, seppur con approcci a volte giustamente immaturi, nel dire ai propri matti intorno cose semplici e sagge. Infine la nonna risolve: è interessante l’esistenza di una serie di film dove la nonna è il riferimento solido di adolescenti e non solo, come a ribadire costantemente il fallimento dei genitori e la necessità di una figura piu saggia ma al tempo stesso più recettiva ai sogni e ai sentimenti più profondi. Molto bravo il giovane attore Toby Regbo con il suo misto di innocenza, tenerezza e distacco. Bella, seppur non emozionante, la fotografia, soprattutto su una New York sempre affascinante, e l’accompagnamento di una bella colonna sonora di Andrea Guerra ed Elisa. In sintesi un film non riuscito come gli altri di Faenza che ho visto, ma con qualcosa per cui salvarlo.

    • Marta Erba scrive:

      Come diceva anche Jung, la “nonna”, o in generale un parente un po’ fuori dagli schemi” è una figura chiave nella fase in cui un ragazzo sviluppa la propria identità, soprattutto (come nel caso di James) se non vuole assomigliare ai genitori. Il messaggio che fa passare è che è possibile un’altra “normalità”.

      • Annafranca Geusa scrive:

        Interessante concetto che in effetti nel cinema spesso ricorre come contrappunto ad una situazione di disagio familiare, come anche nel bellissimo film di Ozon “Le temps qui reste” dove la nonna è l’unica ad accogliere il dolore dell’adulto Roman, malato terminale che non confida la sua siuazione alla famiglia.

  10. Luca Basvecchi scrive:

    ciao a tutti,
    per essere un film di Roberto Faenza, l’ho trovato deludente.
    troppo parlato, pieno di discorsi scontati e banali, dopo un po’ annoia.
    antipatico il giovane attore protagonista, insopportabili molti dei personaggi del film!
    e’ vero che il romanzo di Peter Cameron da cui e’ tratta la pellicola e’ difficile da tradurre in sceneggiatura cinematografica, pero’ il film e’ davvero brutto, allora era meglio nn girarlo nemmeno….

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